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Il dato emerge da uno studio americano: i risultati potranno servire per scoprire nuovi biomarcatori della malattia

Il metaboloma comprende l'insieme dei metaboliti, piccole molecole necessarie per il normale funzionamento di una cellula, un organo o un organismo: la scienza che studia e misura questi processi è chiamata metabolomica. Un'analisi di questo tipo è stata condotta nei pazienti affetti da lipodistrofia da parte di un gruppo di esperti dell'Istituto nazionale diabete e malattie digestive e renali dei National Institutes of Health di Bethesda (USA), con l'obiettivo di esaminare i cambiamenti a breve termine associati alla somministrazione della terapia con metreleptina.

La lipodistrofia è una malattia caratterizzata dalla carenza parziale o completa di tessuto adiposo e da un possibile accumulo di grasso laddove non dovrebbe normalmente essere presente, ad esempio nel fegato e nei muscoli, con conseguenti gravi complicanze metaboliche tra cui insulino-resistenza, ipertrigliceridemia e steatosi epatica. La diagnosi e il trattamento della lipodistrofia rappresentano una sfida importante, non solo perché si tratta di una malattia estremamente rara, ma anche perché i suoi meccanismi fisiopatologici sottostanti non sono stati ancora del tutto compresi.

L'unico farmaco specifico disponibile per questa condizione è la metreleptina, una forma ricombinante dell'ormone leptina, che è normalmente prodotto dal tessuto adiposo in proporzione al suo volume e che invece manca del tutto, o è carente, in chi soffre di lipodistrofia. La terapia sostitutiva con metreleptina, approvata nel 2014 negli Stati Uniti e nel 2018 in Europa, rappresenta dunque, per questi pazienti, un farmaco salvavita. Lo scorso 19 marzo, l’AIFA ha autorizzato la rimborsabilità della metreleptina, a cui ora i pazienti italiani con lipodistrofia generalizzata potranno avere accesso su tutto il territorio nazionale.

Allo studio dei National Institutes of Health hanno partecipato 19 pazienti (per il 75% femmine) con varie forme di lipodistrofia (dieci con lipodistrofia generalizzata congenita, uno con lipodistrofia generalizzata acquisita e otto con lipodistrofia parziale familiare) che hanno ricevuto quotidianamente iniezioni di metreleptina sottocutanea per un periodo da 16 a 23 settimane. Prima e dopo il periodo di trattamento sono stati condotti un test di tolleranza al glucosio e misurazioni della composizione corporea; sono stati utilizzati, inoltre, dei campioni di sangue a digiuno per la profilazione metabolomica.

L'analisi ha rivelato che la terapia sostitutiva a base di leptina ha degli effetti significativi su importanti vie metaboliche, e precisamente nei percorsi che coinvolgono il metabolismo degli aminoacidi a catena ramificata, l'ossidazione degli acidi grassi, la degradazione delle proteine, il ciclo dell'urea, il metabolismo del triptofano, il catabolismo dei nucleotidi e il metabolismo della vitamina E e degli steroidi. Questi dati, pubblicati sul Journal of the Endocrine Society, forniscono nuove informazioni sui meccanismi d'azione della metreleptina e potranno essere utili per scoprire nuovi biomarcatori della malattia.

Tuttavia, nel novembre 2018, quando il farmaco era stato approvato in Europa ma non era ancora disponibile in Italia se non tramite programmi di Early Access, i suoi effetti sul metabolismo erano già stati notati: li evidenziava Alessandra Gambineri, professoressa associata di Endocrinologia all'Università di Bologna, che in una sua paziente trattata con metreleptina aveva riscontrato un miglioramento dei profili glicemici, un abbassamento dei trigliceridi e una diminuzione nel diametro dell'addome, probabile espressione di una riduzione del volume epatico. La paziente, in cura presso il reparto di Endocrinologia del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna, aveva inoltre notato un miglior controllo sul cibo e sulla fame insaziabile, che è una delle caratteristiche della lipodistrofia. La leptina, infatti, ha il compito di informare il cervello sulle risorse energetiche del corpo: perciò, nelle persone affette dalla malattia, il deficit di questo ormone provoca un appetito vorace e un'eccessiva introduzione di calorie. Ora, con i risultati dell’analisi metabolomica, queste osservazioni sono state confermate anche dal laboratorio.

Hai domande sulla lipodistrofia? Puoi rivolgerle alla dr.ssa Caterina Pelosini, nell'ambito del servizio di OMaR “L'esperto risponde”.

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