Neoplasia a Cellule Dendritiche Plasmacitoidi Blastiche
Neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche: news su diagnosi, terapie e qualità della vita
La neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche (BPDCN) è una rara e aggressiva forma di tumore ematologico che colpisce in modo prevalente la cute ma che può coinvolgere anche il midollo osseo, i linfonodi, gli organi viscerali (come fegato e milza) e il sistema nervoso centrale. La BPDCN deriva dai precursori delle cellule dendritiche plasmacitoidi (pDC) e all’origine della patologia non c’è un’unica e specifica alterazione citogenetica o molecolare. La prevalenza globale della malattia è stimata in circa 1-5 casi ogni 100.000 persone.
La BPDCN può colpire individui di ogni età ma insorge più comunemente negli anziani (l’età media all’esordio della patologia è di 60-70 anni). La manifestazione clinica più comune di questa neoplasia è rappresentata da lesioni cutanee asintomatiche, solitarie o multiple, che solitamente compaiono sotto forma di noduli o di papule simili a lividi, di colore violaceo. Alcuni pazienti affetti da questo tumore possono presentare anche forme di leucemia.
La diagnosi di BPDCN si basa sull’esame bioptico delle aree corporee interessate dalla malattia, con relativa valutazione morfologica e immunofenotipica. La biopsia cutanea mostra un infiltrato diffuso di cellule blastiche di medie dimensioni, che somigliano a linfoblasti o mieloblasti, con un massiccio coinvolgimento del derma. Particolarmente importante è il processo di diagnosi differenziale, necessario per distinguere la BPDCN da specifiche forme di leucemia o di linfoma.
Il trattamento della BPDCN si basa sull’utilizzo di tagraxofusp, l’unico farmaco specificamente approvato per la patologia, e di regimi chemioterapici indicati per alcune varianti di leucemia acuta o di linfoma, regimi che però non sono autorizzati per la BPDCN e che rappresentano una terapia sub ottimale a causa della loro elevata tossicità. Al momento, il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT) è l’opzione terapeutica in grado di offrire le migliori possibilità di sopravvivenza libera da malattia a lungo termine, e dovrebbe essere preso in considerazione in tutti i pazienti idonei.
Fonti principali: - Orphanet - Singh A, Saab Chalhoub MW, Singh D “Blastic Plasmacytoid Dendritic Cell Neoplasm.” StatPearls (2024)
Intervista-video al Prof. Marco Paulli, Direttore della S.C. di Anatomia Patologica della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia
Ben più che semplicemente rara, la neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche(BPDCN) è una condizione sfuggente, che ha cambiato più volte collocazione nelle classificazioni degli organismi medici nazionali ed internazionali, essendo stata inizialmente accostata a certe forme di leucemia per poi trovare un suo preciso posto nell’ordine delle neoplasie a cellule dendritiche. La BPDCN unisce alla rarità un livello di aggressività piuttosto elevato, contro cui, tuttavia, oggi esiste la possibilità di un trattamento mirato. La diagnosi deve dunque essere tempestiva e precisa, come spiega il prof. Marco Paulli, Ordinario di Anatomia Patologica presso il Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Pavia e Direttore della S.C. di Anatomia Patologica della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia (clicca qui o sull’immagine dell’articolo per guardare la video-intervista).
Prof. Emanuele Angelucci (Genova): “La procedura va presa in considerazione in tutti i pazienti idonei”
All’interno delle ossa si trova il midollo osseo, dove risiedono le cellule staminali ematopoietiche, quelle che possono dare origine ai globuli rossi (eritrociti), alle piastrine e ai vari tipi di globuli bianchi (o leucociti). In buona sostanza, gli elementi corpuscolari che compongono il sangue nascono nel cuore delle ossa perciò una delle soluzioni terapeutiche per le malattie ematologiche, come le leucemie e i linfomi, è costituita dal trapianto di cellule staminali emopoietiche. Questa procedura, che nei decenni ha salvato la vita di milioni di malati, costituisce uno snodo essenziale anche nel percorso di cura delle persone affette dalla neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche (BPDCN).
La video-intervista al prof. Emanuele Angelucci, Direttore dell’U.O.C. di Ematologia e Terapie Cellulari presso l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova
È un tumore ematologico molto raro - solo in Italia si registrano meno di 30 nuovi casi all’anno - che nel corso del tempo è stato classificato in diversi modi ma che oggi rientra nel gruppo delle neoplasie istiocitiche a cellule dendritiche: parliamo della neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche (BPDCN), una condizione poco conosciuta ma molto pericolosa che, se non individuata e trattata per tempo, può comportare una prognosi infausta per il paziente. La diagnosi precoce rimane perciò l’obiettivo primario, per poter aggredire quanto prima la malattia con le nuove terapie mirate, grazie a cui le condizioni di vita dei pazienti possono migliorare sensibilmente. Lo spiega il professor Emanuele Angelucci, Direttore dell’U.O.C. di Ematologia e Terapie Cellulari presso l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova (clicca qui o sull’immagine dell’articolo per guardare la video-intervista).
Quasi sempre è il dermatologo a intercettare per primo i pazienti: fondamentale che questo specialista sospetti la malattia, affinché l’ematologo possa entrare in campo in tempi rapidi
In nove casi su dieci il primo segnale della presenza della neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche (BPDCN) è dato dalle lesioni sulla cute, presenti inizialmente in maniera isolata e successivamente diffuse al tronco e/o agli arti, piuttosto eterogenee nell’aspetto e, per questa ragione, facili da confondere con altri tipi di patologie. È la presenza di tali lesioni a indurre il paziente a rivolgersi a un medico – quasi sempre un dermatologo – per fare chiarezza sulla loro natura. Il problema diagnostico legato a questa rara patologia onco-ematologica, però, nasce proprio dal fatto che le manifestazioni cutanee possono essere attribuite anche ad altre cause, ed essendo la BDCN una patologia che colpisce pochissime persone, buona parte dei medici di famiglia o dei dermatologi non ne ha una robusta esperienza clinica.
Giampiero Garuti (AIL): “Una diagnosi di malattia rara genera smarrimento; fondamentale promuovere il confronto tra pazienti, attraverso cui condividere esperienze, dubbi e timori”
C’è differenza tra una cardiomiopatia e un tumore raro del sangue? La risposta è piuttosto scontata, dal momento che le due patologie sono ben diverse e si sviluppano in seguito a processi fisiologici e molecolari molto differenti; ma al di là dell’aspetto biologico, in una malattia bisogna considerare anche quello psicologico, cioè l’effetto che essa genera sulla psiche dei malati. Un buon esempio di questa prospettiva è offerto dalla neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche(BPDCN), un tumore ultra-raro che interessa i precursori delle cellule dendritiche plasmacitoidi, le quali sono prodotte nel midollo osseo e hanno un ruolo importante nella risposta immunitaria ai patogeni.
Prof. Emanuele Angelucci (Genova): “L’utilizzo di tagraxofusp genera una remissione che consente ai pazienti di arrivare in buone condizioni al trapianto di staminali ematopoietiche”
La neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche (BPDCN) è un tumore ematologico estremamente aggressivo e altrettanto raro - si stima che in tutta Italia siano all’incirca 30 per anno le persone affette. A rendere così pericolosa la BPDCN è l’andamento inizialmente indolente che, insieme alla facilità con cui questa condizione può essere confusa con altre malattie della pelle (per via delle sue manifestazioni cutanee) o neoplasie del sangue, comporta spesso un significativo ritardo diagnostico, con conseguenze drammatiche sulla prognosi. Inoltre, la scarsa diffusione della malattia e la relativa difficoltà di indagarne a fondo il meccanismo biologico di origine hanno ostacolato a lungo la possibilità di disporre di trattamenti efficaci, peggiorando ancora di più un quadro già di per sé complicato.
Prof.ssa Cristina Papayannidis: “La malattia si manifesta principalmente a livello cutaneo, ma può coinvolgere anche il midollo, il fegato, la milza e il sistema nervoso centrale”
Il nome della malattia sembra uno scioglilingua e l’acronimo che la identifica brevemente è ancora più difficoltoso da tenere a memoria: tutto ciò non viene in aiuto al medico che dovrebbe ricordarsi della neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche, o BPDCN. La situazione si complica se ci aggiungiamo che la patologia, negli ultimi trent’anni, ha subito varie modifiche di classificazione, essendo prima stata inclusa nel gruppo dei linfomi e successivamente in quello delle leucemie mieloidi acute, per poi essere riconosciuta, solo dal 2016, come una entità a sé stante. Infine, essa presenta caratteristiche fenotipiche che la portano a essere facilmente confusa con un discreto numero di altre condizioni. Tutto questo è più che sufficiente a giustificare l’esigenza di fare chiarezza su cosa sia e come si presenti la BPDCN.
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