Le malattie epatiche autoimmuni insorgono quando il sistema immunitario, per ragioni ancora sconosciute, si rivolge contro il fegato: a causa di questa reazione anomala, l’organo subisce un'infiammazione cronica e progressiva che ne compromette gradualmente la funzionalità e che, in assenza di trattamento, finisce per sfociare nella cirrosi e nell’insufficienza epatica. Queste patologie colpiscono generalmente le donne tra i 40 e i 70 anni e sono caratterizzate da sintomi quali stanchezza, ittero e prurito. Si distinguono quattro forme, più o meno rare, di malattia epatica autoimmune: l’epatite autoimmune, la colangite biliare primitiva, la colangite sclerosante primitiva e la colangite IgG4-positiva. La più diffusa è la colangite biliare primitiva, di cui si stimano fino a 400 casi su un milione di persone, mentre le altre patologie si attestano intorno ai 40/60 casi su un milione.

In Italia, soltanto la colangite sclerosante primitiva è riconosciuta ufficialmente come malattia rara: il relativo codice di esenzione è RI0050.

La sezione Malattie epatiche autoimmuni è realizzata grazie al contributo non condizionante di Ipsen.

Malattie epatiche autoimmuni, Ipsen

L’epatite autoimmune si verifica quando ad essere colpite dal sistema immunitario sono le cellule del fegato (gli epatociti). Si identificano due diverse forme di malattia: il tipo 1 è caratterizzato dalla presenza nel sangue di autoanticorpi ANA e/o SMA, e insorge più spesso nell'adulto; il tipo 2, invece, è positivo agli anticorpi anti-LKM e si presenta tipicamente in età pediatrica. Il trattamento dell'epatite autoimmune si basa sull’impiego di farmaci immunosoppressori e antinfiammatori (azatioprina, micofenolato, ciclosporina, corticosteroidi, ecc.), mediante cui è possibile controllare la malattia nel 95% dei pazienti.

Le colangiti insorgono quando il sistema immunitario aggredisce i dotti biliari del fegato e le cellule epiteliali che li rivestono (i colangiociti). I dotti biliari sono piccoli vasi deputati al drenaggio epatico della bile: se questi minuscoli canali vengono danneggiati si verifica un ristagno tossico della stessa bile all’interno del fegato (colestasi), con conseguente rischio di cirrosi e insufficienza epatica. Esistono tre tipologie di colangite. La colangite biliare primitiva (PBC), in passato chiamata cirrosi biliare, non è mai acuta e interessa i piccoli dotti biliari: la terapia di prima linea è a base di acido ursodesossicolico; per la seconda linea sono stati approvati in Europa i farmaci elafibranor e seladelpar, mentre l'autorizzazione all'impiego dell'acido obeticolico è stata recentemente revocata dalla Commissione Europea. La colangite sclerosante primitiva (PSC) può riguardare sia i piccoli che i grandi dotti: per la patologia non esiste alcun farmaco specifico ma ai pazienti viene generalmente somministrato l’acido ursodesossicolico. In alcuni casi, inoltre, è possibile intervenire tramite chirurgia. La colangite IgG4-positiva, infine, può essere generalmente tenuta sotto controllo mediante farmaci immunosoppressori.

La terapia delle colangiti include un supplemento di vitamina D, per contrastare i problemi alle ossa legati alla colestasi, e medicinali specifici per il prurito. Nei casi più gravi di malattia è possibile valutare il ricorso al trapianto di fegato.

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In Italia, i pazienti con malattie epatiche autoimmuni possono contare sull’associazione AMAF Monza Onlus. Da diverso tempo, anche l’associazione EpaC Onlus, storicamente focalizzata sull’epatite C, si dedicando a queste patologie.

PBC: il punto con il prof. Vespasiani Gentilucci

Il prof. Umberto Vespasiani Gentilucci: “Il farmaco ha dimostrato la sua efficacia anche nel contrastare sintomi della malattia particolarmente frequenti, quali il prurito e la fatigue”

Roma – Negli ultimi anni, la gestione della colangite biliare primitiva (PBC) ha visto importanti sviluppi, grazie alla comprensione più profonda dei meccanismi molecolari che sono alla base di questa rara malattia epatica autoimmune. La progressione delle conoscenze è stata particolarmente rilevante per quel gruppo di pazienti, oscillante tra il 25 e il 40 per cento del totale (a seconda dei diversi studi), che non risponde adeguatamente alla terapia di prima linea con acido ursodesossicolico (UDCA) e che presenta, quindi, un rischio concreto di progressione di malattia. Per questi pazienti – come spiega Umberto Vespasiani Gentilucci, dell'Unità di Medicina Clinica ed Epatologia della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma e professore associato di Medicina Interna presso lo stesso ateneo – sono in arrivo delle novità.

PBC: il responso di AIFA sull'acido obeticolico

Pierluigi Russo (AIFA): “L'unico percorso alternativo potrebbe essere l’uso compassionevole. Intanto abbiamo accelerato le procedure di valutazione per i nuovi farmaci che possono essere impiegati per la patologia”

Roma – Nessun passo avanti per i 1.400 pazienti italiani affetti da colangite biliare primitiva (PBC) e trattati in seconda linea con l'acido obeticolico: il farmaco continuerà a non essere disponibile nel nostro Paese. Una doccia fredda per i pazienti, che speravano nell’inserimento del farmaco nella lista della legge 648/1996. L'annuncio è stato dato da Pierluigi Russo, Direttore Tecnico-Scientifico dell'Agenzia Italiana del Farmaco, nel corso di una conferenza stampa, che si è svolta il 25 marzo presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, su iniziativa dell’On. Ilenia Malavasi, la quale da mesi ascolta le istanze e le preoccupazioni espresse dai pazienti, e che ha voluto organizzare questo momento di confronto tra i clinici, le associazioni e l’AIFA. Una soluzione – proposta dall'Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) – che avrebbe potuto garantire almeno in via transitoria la continuità terapeutica, ma che non è stata ritenuta idonea ad essere applicata.

PBC: la voce delle associazioni sul caso acido obeticolico

Le onlus EpaC e AMAF e la società scientifica AISF hanno accolto con rassegnazione il no dell’Agenzia alla proposta di ottenere il farmaco tramite la legge 648 del 1996

Roma – L'occasione di un confronto diretto con l'Agenzia Italiana del Farmaco sulla vicenda dell'acido obeticolico, finalmente, c'è stata – grazie a una conferenza stampa organizzata dall’On. Ilenia Malavasi il 25 marzo alla Sala Stampa della Camera dei Deputati – ma per i pazienti affetti da colangite biliare primitiva (PBC) e per i loro clinici l'esito non è stato quello sperato. Il Direttore Tecnico-Scientifico di AIFA, Pierluigi Russo, ha infatti comunicato loro che la richiesta di applicare la legge 648 del 1996 non è un'opzione percorribile. Quindi, in seguito alla revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio del settembre scorso, il farmaco continuerà a non essere più disponibile.

Prof. Pietro Invernizzi - Colangite biliare primitiva

Il prof. Pietro Invernizzi parla dei progressi fatti nella gestione della patologia: “Credo che i pazienti possano guardare al futuro con fiducia e ottimismo”

Monza – “Posso comprendere la preoccupazione vissuta negli ultimi tempi dai pazienti affetti da colangite biliare primitiva (PBC), ma credo anche che oggi queste persone possano guardare al presente e al futuro con maggiore positività rispetto al passato, visti i progressi fatti nella diagnosi e nel trattamento di questa malattia epatica autoimmune”. Il prof. Pietro Invernizzi lo sostiene pur considerando la vicenda che negli ultimi sei mesi del 2024 ha fatto discutere la comunità scientifica degli epatologi e che ha portato infine al ritiro dal mercato europeo dell’acido obeticolico, trattamento di seconda linea per la patologia.

PBC, seladelpar approvato in Europa

Il farmaco è indicato per il trattamento di seconda linea della patologia, in combinazione con acido ursodesossicolico

Milano – La Commissione Europea (CE) ha concesso l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio condizionata del farmaco seladelpar per il trattamento della colangite biliare primitiva (PBC), in combinazione con acido ursodesossicolico (UDCA) negli adulti che hanno una risposta inadeguata al solo UDCA, o come monoterapia in coloro che non tollerano l’UDCA.

PBC, parere positivo del CHMP su seladelpar

Nello studio clinico RESPONSE, il farmaco ha dimostrato di poter indurre una normalizzazione della fosfatasi alcalina e una riduzione significativa del sintomo del prurito

Fra pochi mesi un nuovo farmaco potrebbe entrare a far parte delle opzioni terapeutiche disponibili per la colangite biliare primitiva (PBC), una rara malattia epatica autoimmune. Il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha infatti adottato un parere positivo, raccomandando l’approvazione di seladelpar per il trattamento della PBC in combinazione con acido ursodesossicolico (UDCA) negli adulti che hanno una risposta inadeguata all'UDCA, o come monoterapia in coloro che non sono in grado di tollerare l'UDCA. Il giudizio del CHMP dovrà ora essere ratificato dalla Commissione Europea, la cui decisione è prevista per il primo trimestre del 2025.

PBC, nuovo stop all'acido obeticolico

Di nuovo annullata l’autorizzazione alla commercializzazione del farmaco. L’azienda produttrice: “Valuteremo tutte le opzioni per consentire ai pazienti di continuare a ricevere la terapia”

La casa farmaceutica Advanz Pharma ha annunciato che il Tribunale dell'Unione Europea ha ripristinato la decisione con cui, lo scorso settembre, la Commissione Europea (CE) aveva revocato l'autorizzazione all'immissione in commercio condizionata dell’acido obeticolico (nome commerciale Ocaliva) per il trattamento di seconda linea dei pazienti affetti da colangite biliare primitiva (PBC), una rara malattia epatica autoimmune. Ciò significa che la revoca dell’autorizzazione alla commercializzazione del farmaco, che era stata momentaneamente sospesa dal Tribunale, torna ad essere efficace con effetto immediato in tutti gli Stati membri dell'UE, nonché in Islanda, Liechtenstein e Norvegia.

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