Il codice di esenzione dell'osteogenesi imperfetta è RNG060 (afferisce al gruppo "Osteodistrofie congenite isolate o in forma sindromica").

Si chiama osteogenesi imperfetta la rara malattia genetica che ha colpito la triestina Caterina Pellizzer. Una condizione che crea problemi a carico dello scheletro e delle articolazioni e che l’ha costretta su una carrozzina, anche a seguito di una serie infinita di fratture alle sue fragilissime ossa. La malattia ha ritardato l’accrescimento fisico di Caterina, oggi ventinovenne, ma non ha intaccato la sua voglia di vivere e il suo desiderio di realizzarsi. Grazie infatti alla sua determinazione di ferro e all’aiuto dei genitori, Caterina ha raggiunto numerosi traguardi, fra i quali la laurea in Psicologia sociale ottenuta lo scorso anno a Bordeaux, in Francia.

Diventare mamma, nonostante una malattia rara, si può. Lo ha dimostrato Sara, 31 anni, affetta da una forma grave di osteogenesi imperfetta, una malattia genetica che deforma le ossa e le rende sottili, fragili come il vetro, costringendo chi ne è affetto ad una vita di sofferenza, e che da ventun mesi è mamma di Kevin, un bambino vivace che sta crescendo forte e sano nella Valle del Casentino (Arezzo). Nonostante la malattia, Sara – con grande ottimismo, buona volontà e voglia di vivere - è riuscita comunque ad avere una vita normale, fatta di scuola, discoteca, università, amore, lavoro, matrimonio, due libri pubblicati e sì, anche di un figlio, avuto dal marito Robert, originario di Malindi (Kenya), che ha conosciuto durante uno dei suoi tanti viaggi in Africa.

Sarà avviato a gennaio il primo studio clinico che prevede l'impiego di cellule staminali fetali per curare una patologia in bambini ancora nel grembo materno. La patologia sulla quale questa nuova terapia sarà sperimentata è l'osteogenesi imperfetta, conosciuta come 'malattia delle ossa fragili'. A condurre la sperimentazione, che promette la diminuzione dei sintomi della malattia grazie alla capacità di queste cellule di differenziarsi e trasformarsi in una ampia gamma di tessuti, sarà un gruppo di ricercatori anglo-svedesi, guidati dal Karolinska Institutet (Svezia) e del Great Ormond Street Hospital (Gran Bretagna).

COLONIA (GERMANIA) – L’anticorpo monoclonale denosumab si è dimostrato un’opzione di trattamento efficace e apparentemente sicura per l’osteogenesi imperfetta. Una ricerca tedesca pubblicata sull’Orphanet Journal of Rare Diseases ha presentato i primi dati dopo due anni di trattamento con denosumab in pazienti con osteogenesi imperfetta di tipo VI.
La risposta biochimica a breve termine di questo trattamento era già stata segnalata in precedenza. Ora gli studiosi dell’Università di Colonia hanno presentato i risultati a lungo termine, che dimostrano i benefici della terapia: l’aumento della densità minerale ossea, la normalizzazione della forma vertebrale, l’aumento della mobilità e un ridotto tasso di frattura.

La compagnia farmaceutica italiana Abiogen Pharma ha stipulato un accordo con la società cinese Lee's Pharm per la distribuzione in licenza, sui territori di Cina, Hong Kong, Macao e Taiwan, del neridronato, un farmaco indicato per il trattamento di due rare malattie note col nome di osteogenesi imperfetta e di algodistrofia (o sindrome dolorosa regionale complessa). Il medicinale verrà diffuso col marchio di Attila®, mentre in Italia è conosciuto col nome commerciale di Nerixia®.

Il livello sierico dell’enzima creatinchinasi-BB aumenta nei bambini affetti da questa patologia durante il trattamento con neridronato

Secondo uno studio pubblicato su Pediatric Research e condotto dai ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma il livello sierico dell’enzima creatinchinasi, isoforma BB, aumenterebbe durante il trattamento con neridronato (molecola appartenente alla classe dei bifosfonati) in bambini affetti da osteogenesi imperfetta di tipo 1.

“Un giorno la mia bambina di tre anni cade, la portiamo in ospedale e ne usciamo con una ingessatura. Il tempo di guarire e di nuovo dobbiamo ingessarla a causa di un altro trauma. Che sfortuna, pensiamo con mia moglie. Ma poi, poche settimane dopo, le si rompe una tibia mentre sta ferma in piedi davanti a noi. Nessuna caduta, nessun trauma, scappiamo all’ospedale spaventati.” Inizia così la storia di Pietro Mercuri raccolta da Tamara Ferrari su Vanityfair.it.

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