Tra i pazienti, il rapporto femmine/maschi è di 9 a 1: è nei cromosomi sessuali che si troverebbe il motivo di questa predominanza
Milano – Lo studio condotto da un team internazionale di ricercatori segna un importante passo in avanti verso la comprensione delle cause della colangite biliare primitiva (CBP). Il lavoro è stato coordinato dagli esperti dell’Università di Milano-Bicocca e del Centro Malattie Autoimmuni del Fegato dell’Ospedale San Gerardo di Monza, da anni impegnati a studiare questa malattia, e dai genetisti dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. I curatori della ricerca, pubblicata sulla rivista Gastroenterology, hanno indagato il contributo del cromosoma X all’architettura genetica della patologia del fegato.
Come la maggior parte delle malattie autoimmuni, la CBP colpisce soprattutto il sesso femminile, con un rapporto tra femmine e maschi affetti di 9 a 1. Dagli anni '50 e '60 del secolo scorso molti medici e scienziati si sono dedicati a studiare gli ormoni sessuali, quali l’estrogeno e il progesterone, per spiegare questa marcata preponderanza femminile, senza però ottenere una chiara spiegazione. Per questo motivo, gli studi si sono poi estesi anche ai cromosomi sessuali.
Grazie al contributo di colleghi di istituzioni sanitarie e istituti di ricerca del Regno Unito, del Giappone, della Cina e del Canada, i ricercatori di Milano-Bicocca e Humanitas University hanno raccolto ed esaminato i dati genetici relativi a 5.244 casi, compresi quelli di pazienti italiani. Applicando per la prima volta un metodo di analisi chiamato XWAS e sviluppato proprio per identificare in modo adeguato possibili associazioni genetiche nel cromosoma X, sono emerse associazioni con geni come il gene FOXP3 che, se difettosi, possono alterare le normali funzioni delle nostre difese immunitarie, portandole ad “auto-aggredirci” e quindi a causare CBP e autoimmunità.
“Questo studio è stato specificamente disegnato per indagare il cromosoma X, che, per le sue peculiarità (è presente in due copie nelle donne, e in singola copia negli uomini), è sempre stato poco studiato”, ha spiegato la prof.ssa Rosanna Asselta, di Humanitas University. “Si pensi che il cromosoma X costituisce il 5% del genoma umano e che mutazioni in geni localizzati in questo cromosoma spiegano circa il 10% delle malattie monogeniche. Nonostante questo, gli studi su cromosoma X e malattie complesse – o multigeniche, come la CBP – sono solo agli inizi, e meno dell’1% di tutte le associazioni genetiche finora descritte riguardano questo peculiare cromosoma. Abbiamo fatto luce su una strada ancora poco esplorata, che potrà essere ora battuta per capire il coinvolgimento di questo cromosoma anche in altre malattie. Più in generale, si tratta di un piccolo passo verso la medicina di genere, ancora poco considerata”.
“Il nostro gruppo è stato pioniere, ormai più di 20 anni fa, nello studio del ruolo dei difetti genetici ed epigenetici dei cromosomi sessuali, X e Y, per spiegare la predominanza del sesso femminile nella CBP e nell’autoimmunità più in generale, e questo ultimo studio è l’ennesima conferma che è proprio nei cromosomi sessuali che si trova la risposta principale a questo fondamentale problema”, ha affermato il prof. Pietro Invernizzi, gastroenterologo dell’Università di Milano-Bicocca. “Capito questo, pensiamo di poter comprendere anche perché ci ammaliamo di questa malattia rara del fegato, così come delle 80 o più malattie autoimmuni che nell’insieme colpiscono ben il 5-6% della popolazione generale, spesso con quadri clinici molto debilitanti e scarsa disponibilità di terapie efficaci, come nel caso dell’artrite reumatoide, del lupus o delle connettivopatie”.
“La conferma della notizia, che aspettavamo da tempo, sulla ricerca che sta portando avanti il centro MAF di Monza, giunge alla comunità dei malati autoimmuni, e in particolare ai pazienti CBP, come uno di quei 'doni speciali' che solo la ricerca è in grado di fare”, ha sottolineato Davide Salvioni, presidente di AMAF Monza Onlus, l’associazione italiana dei pazienti con malattie epatiche autoimmuni. “Questo motiva sempre più la nostra associazione, da sempre impegnata in prima linea a sostenere la ricerca”.
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