La malattia di Huntington (HD) è una patologia rara, di tipo ereditario e degenerativo, che causa movimenti continui e scoordinati, disturbi cognitivi e del comportamento, il cui esordio avviene intorno ai 40-50 anni. La trasmissione della malattia è ereditaria. Attualmente la HD ha una prevalenza di circa 3-7 casi per 100.000 abitanti di discendenza europea occidentale. In Italia, si stima che la malattia interessi circa 6-7.000 persone, mentre gli individui attualmente a rischio di ammalarsi sarebbero 30-40.000. Il gene responsabile della HD si trova sul cromosoma 4.
Il codice di esenzione della malattia di Huntington è RF0080 ("Corea di Huntington").
Numerosi progetti di studio indagano le complesse sfaccettature di questo raro disturbo neurodegenerativo, nella speranza di importanti risultati in ambito diagnostico-terapeutico
Nonostante le prime descrizioni risalgano a quasi 150 anni fa, quando George Huntington pubblicò il suo saggio “On Chorea”, l’origine eziologica della malattia di Huntington è rimasta sconosciuta fino al 1993, quando i ricercatori hanno identificato nelle mutazioni del gene HTT - responsabile della produzione di huntingtina - la causa della morte delle cellule neuronali da cui scaturiscono i classici disturbi della malattia. Le aree coinvolte dal danno neuropatologico sono diverse e comprendono, almeno nelle fasi iniziali, lo striato e la corteccia, e, successivamente, anche ipotalamo e ippocampo. Il risultato è che i soggetti affetti sono presi da una complessa sequenza di movimenti involontari e del tutto incontrollabili, che in medicina prende il nome di “corea”. I pazienti colpiti da questa devastante malattia neurodegenerativa vanno incontro anche ad altri problemi di natura intellettiva e ad un pericoloso e inarrestabile declino cognitivo.
Prof. Ferdinando Squitieri: “Il risultato della ricerca ha una potenziale ricaduta sull'identificazione di nuovi possibili marker di malattia”
Erano presenti oltre 200 persone tra pazienti e familiari allo scorso incontro annuale della LIRH (Lega Italiana Ricerca Huntington) tenutosi a Roma, sabato 2 dicembre 2017, e nel corso del quale per la prima volta è stato assegnato il premio alla miglior ricerca in ambito clinico o biologico sulla malattia di Huntington, una patologia rara, a carattere degenerativo, la cui base ereditaria appare piuttosto marcata. La malattia affligge i neuroni di diverse aree del cervello con conseguenze che si propagano irrimediabilmente alla sfera motoria e cognitiva. La mutazione che innesca la malattia tocca il gene IT15 sul cromosoma 4, che codifica per l'huntingtina, su cui gli scienziati stanno ancora indagando e che sembra possedere un ruolo determinante nel processo di degenerazione legato alla malattia.
La Chiesa parla a una comunità di circa 1,3 miliardi di cattolici, ed è il più grande fornitore di assistenza sanitaria non governativa del mondo. Papa Francesco ha assunto il ruolo di mediatore fra pazienti, medici, ricercatori e politici, per una scienza più etica
La giovane Yosbely Soto Soto condivide con i suoi due figli una capanna di lamiera ondulata sulle sponde del lago venezuelano Maracaibo. Il caldo dentro è insopportabile, da quando suo marito l'ha lasciata alcuni anni fa, portando via con sé il condizionatore d'aria. La trentaduenne deve elemosinare il cibo per nutrire se stessa e i suoi bambini, una cosa resa ancora più difficile dal fatto che è stata emarginata dalla sua comunità. Lo stesso vale per suo fratello e sua sorella, che come Yosbely hanno la malattia di Huntington (HD).
Educatore e consulente della Fondazione CHDI per la ricerca sulla malattia di Huntington, l'esperto spiega cosa nasconda la patologia e come evitare di esserne ingannati
La malattia di Huntington non è una malattia come tante. L’Huntington non dà e non toglie: dare e togliere sono concetti che non hanno senso quando si ha a che fare tutti i giorni con una patologia neurodegenerativa come questa. La malattia di Huntington, piuttosto, 'nasconde'; come una maschera, tipo quelle che gli antichi greci utilizzavano nelle rappresentazioni teatrali per stereotipare un volto, un personaggio. Ed è proprio la 'maschera' l’immagine che Jimmy Pollard, educatore e consulente della Fondazione CHDI (la principale organizzazione degli Stati Uniti per la ricerca sulla malattia di Huntington), utilizza durante le sue conferenze in giro per il mondo per descrivere i vari aspetti dell’Huntington, con l’obiettivo di cambiare la prospettiva dei caregiver sulla malattia e i pazienti.
Il prof. Ferdinando Squitieri: “La Fase III dello studio partirà all'inizio del 2019 e coinvolgerà centinaia di pazienti. È attesa una riduzione della proteina huntingtina nel liquido cefalorachidiano”
Roma – “Il primo successo nelle terapie neurodegenerative in 50 anni”: così è stato definito da alcuni giornali il risultato della sperimentazione sul farmaco Ionis-HTTRx. In uno studio di Fase I/IIa che si è appena concluso, la molecola ha dimostrato di poter ridurre la quantità di proteine nocive che causano la malattia di Huntington. Ma si tratta davvero di una svolta epocale o sarebbe d'obbligo una maggiore cautela?L'abbiamo chiesto a uno dei maggiori esperti sulla patologia: il prof. Ferdinando Squitieri, responsabile dell'Unità Ricerca e Cura Huntington e Malattie Rare dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza e dell'Istituto Mendel di Roma. Neurologo, genetista e psichiatra, si occupa di queste malattie dal 1984, sia come medico che come ricercatore, ed è direttore scientifico e co-fondatore della Fondazione LIRH (Lega Italiana Ricerca Huntington e malattie correlate Onlus).
Per la prima volta, un trattamento ha dimostrato di poter sopprimere gli effetti della mutazione genetica alla base della patologia. La molecola di Ionis è stata ceduta a Roche, che la porterà alla Fase III di sperimentazione
Londra (REGNO UNITO) – Un farmaco sperimentale, chiamato Ionis-HTTRx, potrebbe essere il primo a rallentare la progressione della malattia di Huntington (HD). I risultati positivi di un trial di Fase I/IIa si preannunciano determinanti per la devastante malattia genetica, e sono stati salutati come “enormemente significativi” perché è la prima volta che un farmaco dimostra di sopprimere gli effetti della mutazione che causa danni irreversibili al cervello. Attualmente, infatti, non esiste una cura per l'Huntington, sebbene vi siano farmaci che aiutano a gestire alcuni dei sintomi.
Continuano gli studi sull'orologio biologico, che hanno portato tre scienziati statunitensi a ottenere il Nobel per la Medicina. Ricercatori spagnoli hanno indagato le possibili alterazioni di questo meccanismo nella malattia di Huntington
Saragozza (SPAGNA) – Mai come in questo periodo il ritmo circadiano, ossia il comportamento dell'orologio biologico, è stato al centro dell'interesse medico e scientifico. Gli statunitensi Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young, per aver scoperto i meccanismi molecolari che lo controllano, hanno vinto pochi giorni fa il Premio Nobel per la Medicina. I tre scienziati sono riusciti a scoprire il processo con il quale tutti gli esseri viventi, dalle piante agli esseri umani, riescono a regolare i loro ritmi biologici in sintonia con l'ambiente, ad esempio con il ciclo di alternanza tra giorno e notte conseguente alla rotazione della Terra.
Seguici sui Social