Prof. David RubinszteinPubblicata su Nature, la nuova importante scoperta è frutto del lavoro di un team di studio inglese, coordinato dal prof. David Rubinsztein

Tutte le più note malattie neurodegenerative, come, ad esempio, l'Alzheimer o il Parkinson, sono caratterizzate da un accumulo di proteine tossiche nella cellula, che normalmente vengono eliminate dal nostro organismo attraverso un sofisticato sistema chiamato autofagia. E’ un po' come se avessimo un inceneritore sempre attivo nel nostro organismo. In presenza di patologie rare come la malattia di Huntington e le atassie cerebellari, invece, tale sistema di ‘smaltimento dei rifiuti’ risulta alterato per cause ancora poco chiare, per cui i frammenti tossici delle proteine bloccano funzioni vitali necessarie alla sopravvivenza delle cellule del sistema nervoso (neuroni), procurandone il cattivo funzionamento e la morte.

Nel caso di queste due malattie da espansione di poliglutamine (polyQ), si generano proteine più lunghe del normale per colpa di precise mutazioni genetiche, note e riconoscibili con un test del DNA (test genetico). Un gruppo di ricerca inglese, diretto da David Rubinsztein, del Cambridge Institute for Medical Research (Regno Unito), ha identificato il difetto biologico comune a entrambe le malattie, che causa un’alterazione dell’autofagia (il meccanismo di ‘smaltimento dei rifiuti’). La scoperta fornisce una possibile spiegazione della variabilità che caratterizza l’età di insorgenza di queste due patologie.

“Questa scoperta è ancora più importante perché avevamo precedentemente identificato l’autofagia come un sistema in grado di smaltire queste proteine mutate e tossiche per il sistema nervoso, in grado di svolgere un’importante attività di protezione dei neuroni” afferma David Rubinsztein, principale autore dell’articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature.

E’ come se ognuna di queste proteine si comportasse come Dr Jekyll e Mr Hyde: una doppia personalità in grado di proteggere, ma anche di mettere in pericolo, la salute del sistema nervoso quando è presente la mutazione che causa l’allungamento di polyQ”, afferma Ferdinando Squitieri, Responsabile dell’Unità Huntington e Malattie Rare e Neurologia di CSS-Mendel Roma, IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza Opera di San Pio, collaboratore dell’articolo.

Trasferire la ricerca di laboratorio alla pratica clinica è fondamentale per riuscire a curare le malattie neurodegenerative. “Questa scoperta non sarebbe stata possibile senza il contributo essenziale dei pazienti italiani, affetti da malattie rare e rarissime, che hanno donato biopsie cutanee da cui sono state derivate le cellule per gli esperimenti del gruppo di Cambridge” afferma Barbara D’Alessio, Managing Director della Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington e malattie correlate (LIRH) e Vice Presidente della European Huntington Association.

La nuova scoperta potrebbe aprire la strada a potenziali approcci terapeutici che, interferendo con l’autofagia, siano in grado di portare benefici ai pazienti affetti da malattia di Huntington o da atassia cerebellare.

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