Il musicista era alto 97 cm e pesava 27 chili, a causa dell’osteogenesi imperfetta

Michel Petrucciani (si pronuncia alla francese, Petruccianì) era alto 97 centimetri e pesava 27 kg ma questo non gli ha impedito di diventare uno dei più ‘grandi’ pianisti e compositori di jazz. La sua è stata una vita tanto luminosa, che lo portò ad esibirsi sui palchi di tutto il mondo, quanto dolorosa. Petrucciani infatti era affetto da osteogenesi imperfetta, una rara malattia congenita conosciuta anche come sindrome dalle ossa di vetro o di cristallo, che priva le ossa del calcio necessario per poter sostenere il peso del corpo e che impedisce la crescita.

Nato in Francia nel ’62, ma con origini napoletane, già a quattro anni mette le mani sulla tastiera grazie al padre Tony, un famoso chitarrista jazz, che gli trasmette tutta la passione per la musica. Poi un giorno scopre Duke Ellington: “Per me fu una specie di folgorazione. Evidentemente avevo buon gusto. Allora papà mi regalò una pianola. Ringraziai, ma mi sembrava uno strumento un po’ finto. Decisi di prenderlo a martellate. In quel momento capii che la musica vera sarebbe stata nel mio destino”.

A 13 anni incontra Clark Terry, trombettista americano, e riesce a suonare con lui. Da quel momento la sua ascesa nell’olimpo della musica non conoscerà soste e diventerà un gigante del pianismo jazzistico mondiale. Gli ostacoli per lui sono l’occasione di perfezionarsi. Data la sua bassa statura, infatti, smise di usare il pedale di risonanza – quello che permette alle corde di continuare a suonare anche dopo che non si tiene più premuto il tasto – e questa scelta lo portò a realizzare delle note davvero incredibili.

Le sue entrate in scena lasciavano col fiato sospeso. All’inizio della carriera arrivava in braccio a un compagno del gruppo, con cui si esibiva, che affettuosamente lo coccolava come fosse un bambino. Più tardi ce la faceva da solo, arrivando sul palco con due piccole grucce che poi lasciava a terra, per arrampicarsi sullo sgabello. La sua malattia, che per molti renderebbe la vita indegna di essere vissuta, lo rese inimitabile perché le ossa flessibili davano alle sue mani una velocità dieci volte superiore a quella di qualunque altro pianista. Capitò più volte che le ossa gli si rompessero mentre suonava. A Bergamo suonò il secondo bis con un tendine rotto; un’altra volta gli si ruppe un osso del bacino ma finì il concerto lo stesso.

La sua bravura lo portò non solo a suonare insieme alle stelle del jazz ma anche a fare incursioni in mondi musicali a lui sconosciuti. In Italia si esibì molte volte, nel 1998 suona con Riccardo Muti e la Filarmonica della Scala in due concerti gershwiniani. Fu invitato ad suonare la sua musica meravigliosa anche davanti a Giovanni Paolo II dove duettò con Lucio Dalla al clarinetto e poi si esibì da solo con il suo brano, Little piece in C for you.

Due figli e due mogli, una vita spesa per la musica, Petrucciani è morto a New York all’età di 36 anni a causa di una polmonite che si era preso passeggiando tra la neve l’ultima notte dell’anno.

Sulla sua vita, nel 2011, è stato realizzato il magnifico film documentario "Petrucciani, body and soul" .

"Le persone non comprendono che per essere un essere umano non è necessario essere alti un metro e ottanta. Ciò che conta è ciò che si ha nella testa e nel corpo. Ed in particolare ciò che si ha nell'anima". Michel Petrucciani.

Per sapere di più sulla osteogenesi imperfetta clicca qui

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