Il trend di prevalenza della malattia è in crescita del 28,7%, e il dato più allarmante è che circa il 40% dei soggetti non è consapevole di avere livelli di colesterolo non a norma
ROMA – Oltre un miliardo di euro di soli costi diretti sanitari, con la voce ospedalizzazioni che pesa il 96%: questa la dimensione economica delle ipercolesterolemie sul sistema sanitario. È uno dei dati emersi da uno studio presentato a Roma nell’ambito dell’iniziativa Meridiano Cardio “Lo scenario delle cardiopatie ischemiche: focus sull’ipercolesterolemia”, realizzato da The European House – Ambrosetti con il supporto di Amgen.
Esperti della cardiologia italiana, economisti e rappresentanti delle istituzioni si sono confrontati per più di un anno sui reali contorni delle cardiopatie ischemiche, e in particolare del loro principale fattore di rischio: l’ipercolesterolemia, con lo scopo comune di fornire linee di indirizzo utili al sistema.
“Con il mio gruppo di lavoro – ha commentato il prof. Francesco Mennini, docente di Economia Sanitaria dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e esperto coinvolto da The European House – Ambrosetti nell’analisi del burden of disease delle ipercolesterolemie – siamo andati a stimare quale potesse essere la spesa a carico del Sistema Sanitario Nazionale utilizzando come proxy il database della Regione Marche. Quello che emerge è che, se consideriamo tutte le ospedalizzazioni per cause cerebro e cardiovascolari relative a pazienti affetti da ipercolesterolemia, la spesa supera il miliardo di euro, con una spesa aggiuntiva di circa € 31,6 milioni per i trattamenti farmacologici e di € 9,3 milioni per prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale strettamente correlate alla patologia”.
“Complessivamente – prosegue il prof. Mennini – abbiamo stimato che il burden dell’ipercolesterolemia sul Servizio Sanitario Nazionale genera una spesa annua di € 1,14 miliardi di euro. A questi andrebbero aggiunti i costi indiretti relativi alla perdita di produttività, nonché quelli a carico del sistema previdenziale. È infatti utile sottolineare che le malattie del sistema cardio-circolatorio rappresentano, insieme alle malattie oncologiche, la voce più importante con riferimento agli assegni di invalidità erogati dall’INPS, che nel periodo 2001-2012 hanno raggiunto il numero di 318.563”.
L’Istituto Superiore di Sanità stima che in Italia il trend di prevalenza dell’ipercolesterolemia sia in crescita del 28,7% negli ultimi anni, ma il dato più allarmante è che circa il 40% non è consapevole di avere livelli di colesterolo non a norma e solo il 24% degli uomini e il 17% delle donne è trattato efficacemente. Gli elevati livelli di colesterolo LDL sono in assoluto il primo fattore di rischio per le cardiopatie ischemiche, davanti a fumo, diabete, ipertensione e obesità. Le cardiopatie ischemiche rappresentano la prima causa di morte (20%) all’interno delle malattie cardiovascolari, che a loro volta continuano ad essere la prima causa di morte nel mondo occidentale.
“L’ipercolesterolemia si posiziona al vertice della piramide dei fattori di rischio: tutti i trial clinici dimostrano che chi ha ipercolesterolemia ha una probabilità di sviluppare coronopatie 3,6 volte superiore rispetto alla popolazione normale – ha spiegato il prof. Francesco Romeo, presidente della Società Italiana di Cardiologia.
“La cardiopatia ischemica viene definita complessa proprio perché determinata da un mix di fattori di rischio, sia ambientali che genetici. Mediamente, i due tipi di fattori concorrono per il 50% ciascuno alla reale determinazione del rischio”, ha concluso il prof. Romeo. “La considerazione del mix dei due tipi di fattori è dunque determinante nella corretta analisi del caso singolo e di situazioni gravi, ma da un punto di vista di interventi sulla popolazione la strada deve essere quella di puntare sull’abbassamento e contenimento dei livelli di colesterolo”.
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