Malattie rare: intervista al professor Giuseppe Remuzzi

L’esperto: “Obiettivi principali sono il riconoscimento delle cure per i malati rari come diritti umani, ridurre l’odissea diagnostica, migliorare la formazione, costituire registri internazionali e favorire la sostenibilità del sistema”

Le malattie rare rappresentano una sfida globale che richiede una risposta globale. Sono queste le parole che accompagnano la nascita della Lancet Commission on Rare Diseases, una Commissione internazionale sulle malattie rare nata con l’obiettivo principale di migliorare la vita delle persone che ne sono affette. Unico esperto italiano tra i 27 membri internazionali è il Prof. Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.

Il Lancet, che è la rivista di medicina più importante d’Europa e ha grande attenzione alla salute globale – spiega l’esperto – ha istituito delle Commissioni su vari temi, come le migrazioni, il cambiamento climatico, la ricerca in chirurgia, la salute infantile e persino il valore della morte. Queste Commissioni riuniscono esperti da diversi paesi – in genere tra 20 e 30 membri – selezionati in base alle loro competenze e pubblicazioni. Ogni Commissione ha uno o due “Chair”, come nel caso delle malattie rare, che guidano il dibattito. Si parte con un primo incontro per definire i temi generali su cui lavorare nei successivi due o tre anni. Poi ci si divide in gruppi di lavoro. Il nostro primo incontro è stato a Basilea, il prossimo sarà a novembre a Hong Kong.”

La Commissione sulle malattie rare è costituita da 27 membri. Uno dei due Chair è Kym Boycott, pediatra canadese di Ottawa, e l’altro è Roberto Giugliani, genetista brasiliano. La commissione è composta prevalentemente da clinici e genetisti, rappresentanti di associazioni di pazienti e organizzazioni come Orphanet e Canadian Organization for Rare Disorders. A bordo ci sono anche dei rappresentanti EURORDIS e alcuni specialisti in medicina traslazionale.”

La Commissione si articola in cinque gruppi di lavoro che sostanzialmente lavoreranno su questi temi: etica e diritti umani, dati e metriche, società e salute, formazione dei professionisti sanitari, sostenibilità economica e organizzativa del “sistema malattie rare”. “In prima battuta si discuterà sul riconoscimento della diagnosi e della cura delle malattie rare come un diritto umano fondamentale. L’idea è garantire che nessuno venga privato di cure solo perché è nato in un certo luogo. Sappiamo perfettamente – prosegue l’esperto – che l’accesso a diagnosi terapie è condizionato da numerosi fattori, a partire dalla condizione del sistema sanitario nazionale di appartenenza.”

Per quanto concerne la diagnosi – spiega ancora Remuzzi - l'obiettivo è ridurre la cosiddetta “odissea diagnostica” dei pazienti, creando punti di riferimento nei vari paesi per facilitare l’accesso alle cure. In Lombardia, abbiamo sviluppato un modello di coordinamento che funziona, e che vorremmo provare ad esportare in altri Paesi.”

Altro tema essenziale è quello relativo ai dati: un gruppo di lavoro lavorerà per mappare con precisione la distribuzione globale dei pazienti con malattie rare, utilizzando dati provenienti da registri governativi e ospedalieri. Delle stime, sappiamo che le malattie rare sono tra 7000 e 10000. Sappiamo che ci sono 2 milioni in Italia che hanno una malattia rara. Sappiamo che ce ne sono forse 30 milioni in Europa, 400 milioni nel mondo, però non sappiamo dove sono i malati. Non abbiamo delle metriche precise, e questo gruppo ha l’obiettivo di creare una vera e propria mappa delle persone con malattie rare nel mondo.”

Il tema della sostenibilità economica e organizzativa è ovviamente il centro di tutta la discussione. È necessario dimostrare che investire nelle malattie rare non comporta costi maggiori, ma anzi riduce le spese sanitarie a lungo termine, permettendo di intervenire prima che la malattia diventi invalidante.”

“Purtroppo in questo momento c’è un problema di accessibilità alle terapie innovative, che in gran parte dipende dai costi. La Commissione discuterà certamente il tema del costo dei farmaci, del rischio d’impresa delle aziende che investono in ricerca e sviluppo, dei costi dei fallimenti. Sappiamo bene che si tratta di impegni economici enormi ma occorre iniziare a valutare questi costi con trasparenza. Le negoziazioni del prezzo-rimborso con le agenzie del farmaco nazionali non sono più sostenibili. L’industria farmaceutica ha grandi meriti, ed è giusto che abbia il ritorno necessario per continuare a fare ricerca. È però necessaria una riflessione molto profonda, perché i costi devono essere accessibili così da permettere a tutti i pazienti, in tutto il mondo, di poter beneficiare delle migliori cure come diritti umani.”

“Per tutti questi motivi, personalmente credo molto nella necessità di creare una Europen Medical Facility, un’agenzia pubblica supportata da fondi pubblici che si occupi di farmaci per le malattie rare e vaccini con un’ottica trasparente di costo-beneficio. Dovrebbe occuparsi della delicata tematica dei brevetti, dei generici, ma anche garantire trial clinici indipendenti sui farmaci, per la valutazione dell’efficacia e del rapporto costo-beneficio. E dovrebbe occuparsi di una contrattazione trasparente, sulla base della sostenibilità.”

“Tornando alla Commissione Lancet – conclude l’esperto – dopo un paio di anni di lavoro produrremo un documento di indirizzo destinato ai decisori sanitari e ai governi di tutto il mondo, ma anche ai clinici, alle società scientifiche. L’obiettivo è di migliorare la gestione delle malattie rare e, soprattutto, la qualità di vita delle persone che ne sono affette, indipendentemente dal Paese in cui vivono.”

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