L'intervista al prof. Giancarlo Castaman, nuovo presidente della società scientifica SISET
La Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi (SISET) ha un nuovo presidente: è il prof. Giancarlo Castaman, che succede al prof. Valerio De Stefano, ematologo del Policlinico “A. Gemelli” di Roma. La nomina è avvenuta nel corso del XXVIII congresso nazionale della società scientifica, che si è svolto a Roma dal 6 al 9 novembre. La carica dura due anni: lo statuto, però, per dare continuità a livello apicale all'interno del consiglio direttivo, prevede che la nomina sia preceduta da due anni in qualità di presidente eletto e seguita da altri due anni come past president.
Castaman, dopo aver lavorato dal 1986 presso la Divisione di Ematologia dell'Azienda Ospedaliera di Vicenza (Ospedale San Bortolo), nel luglio 2014 è diventato responsabile della S.O.D. di Malattie emorragiche e della coagulazione dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze.
Prof. Castaman, la sua attività si è sempre concentrata in modo specifico sulle malattie della coagulazione del sangue.
“Sì, soprattutto l'emofilia A e B, l'emofilia acquisita, la malattia di von Willebrand, i difetti ereditari della funzione piastrinica e le coagulopatie rare. Sono quasi tutte patologie rare, ma se vengono seguite tutte insieme in un grosso centro formano una casistica molto rilevante. A livello nazionale sono pochi i centri specializzati: in Toscana, ad esempio, il nostro centro è l'unico che si occupa interamente di queste condizioni”.
Quali sono le principali attività svolte dalla SISET?
“La Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi (SISET) è stata fondata nel 1970, quindi ha quasi cinquantacinque anni di storia. Abbraccia tutto il versante emorragico e trombotico delle malattie della coagulazione: malattie, quindi, sia congenite che acquisite. Si occupa perciò di tutto quello che riguarda il tromboembolismo venoso, il tromboembolismo arterioso, le terapie anticoagulanti e tutti i problemi collegati a questi farmaci. La Società promuove un gran numero di attività formative: ad esempio abbiamo un master in Emostasi e Trombosi riconosciuto dall'Università Cattolica di Roma e dall'Università di Foggia, che viene svolto presso il Policlinico Gemelli di Roma e che riceve annualmente non meno di 40-50 domande a fronte della possibilità di poter iscrivere 20-25 richiedenti. Questo permette di svolgere un'attività molto intensa, sia a livello formativo sia a livello pratico, con la frequenza nei vari ambulatori dove vengono gestiti i pazienti affetti da malattie della coagulazione del sangue”.
Particolare attenzione viene riservata ai giovani specialisti...
“Circa il 30-40% dei nostri iscritti ha meno di 40 anni, e questo è un buon segno che indica la possibilità di rinnovare le figure più coinvolte nelle attività della SISET. Abbiamo un settore chiamato appunto SISET Giovani, in cui i colleghi al di sotto dei 40 anni organizzano tutte le iniziative a loro dedicate, come convegni e attività formative e informative. Ogni due anni, poi, ha luogo il congresso nazionale, alternato a un corso di formazione che ha più o meno la durata dello stesso convegno, cioè tre giorni. Quest'anno abbiamo avuto circa 600-650 partecipanti, e se pensiamo che la Società conta 900 iscritti, l'adesione alle attività educazionali e di aggiornamento è stata più che significativa”.
All'interno della Società ci sono numerose commissioni: di cosa si occupano?
“La SISET è una Società molto articolata, che coordina un fil rouge di attività attraverso un Comitato Scientifico e una serie di commissioni. Una di queste, ad esempio, si occupa di redigere le linee guida su alcuni argomenti specifici che richiedono degli aggiornamenti puntuali a seconda delle nuove terapie e delle nuove conoscenze che vengono pubblicate in letteratura (la più recente è quella sul trattamento della trombosi intraventricolare). C'è anche la commissione Attività formative, che si occupa di mettere a punto i programmi e di indicare i possibili relatori per tutti i congressi e i corsi nazionali. Molto importante è anche la commissione Attività di ricerca, che ora è diventata Centro Studi Ricerca: i progetti di ricerca, infatti, possono essere sottomessi ed eventualmente anche supportati finanziariamente, almeno in parte e qualche volta in toto, dalla Società scientifica”.
E la ricerca, in questo campo, è molto attiva...
“Sì, sul versante emorragico abbiamo una serie di novità fra cui la terapia genica: un'opportunità che richiede attenzione, perché si tratta di una terapia potenzialmente molto efficace ma anche molto costosa, che può essere alla portata di pochi centri. Per i pazienti con malattie emorragiche congenite sono oggi disponibili anche le nuove terapie cosiddette non sostitutive, che hanno cioè un disegno concettuale diverso dalla terapia sostitutiva: basate non più, quindi, sugli usuali trattamenti con le terapie endovenose ma su vie alternative come quella sottocutanea. Sul versante trombotico, a volte, si pongono delle difficoltà gestionali: in Italia ci sono non meno di due milioni di persone che sono in trattamento anticoagulante, anche con i nuovi farmaci, e devono essere gestite da specialisti del settore, anche se in qualche maniera potrebbero trovare giovamento in un dialogo migliore e più aggiornato con i medici di medicina generale. I nuovi farmaci che continuano ad essere sviluppati sono volti a garantire prima di tutto una maggiore sicurezza per il paziente, rispetto al rischio di complicanze emorragiche. Hanno anche una maggiore flessibilità di somministrazione e non devono più essere strettamente monitorati con i test di laboratorio, ma allo stesso tempo richiedono comunque una sorveglianza attiva, perché sono terapie potenzialmente gravate da rischi di effetti collaterali non indifferenti”.
Qual è il problema più urgente da risolvere?
“Il fatto che in Italia non esista una scuola di specializzazione in Emostasi e Trombosi, per cui queste competenze – compresa la gestione di terapie estremamente sofisticate che richiedono notevole conoscenza ed esperienza – ricadono soprattutto nell'ambito dell'ematologia o della medicina interna. Auspicabilmente, nelle università dovrebbero essere sviluppati corsi ad hoc per creare figure professionali ben identificate e deputate a portare avanti queste attività, che corrono il rischio di diventare appannaggio di una nicchia di medici sempre più ristretta. È un problema su cui stiamo lavorando da anni, con l'obiettivo di riconoscere ufficialmente una figura importante e trasversale come la nostra”.
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