La Prof.ssa Elisei e il suo gruppo si sono concentrati sullo studio di un biomarcatore specifico
Il carcinoma midollare della tiroide (CMT) è un tumore estremamente raro che, In Italia, colpisce però più di 200 individui all'anno e che rappresenta circa il 5-10% di tutti i tumori tiroidei. Questo tipo di tumore origina dalle cellule C della tiroide, quelle che secernono la Calcitonina (CT) – il principale ormone coinvolto nel mantenimento della concentrazione di calcio nel sangue – e può presentarsi in forma sporadica (la più diffusa, che spesso insorge in soggetti al di sopra dei 40 anni) o familiare (circa il 25-30% dei casi, frequente in soggetti giovani e collegata alla presenza di neoplasie endocrine multiple). La forma familiare è determinata dalla presenza di mutazioni del gene RET che sono state ritrovate anche nel 40-50% dei casi di CMT sporadico.
Ci sono buone evidenze scientifiche che confermano il valore diagnostico e prognostico della Calcitonina come biomarcatore per il CMT (soprattutto sporadico) e la ricerca dell'alterazione del gene RET si profila come un utile esame in grado di individuare i pazienti a maggior rischio di sviluppare la forma familiare. Inoltre, il dosaggio dell'Antigene Carcino-Embrionario (CEA) appare correlato alla prognosi e al riconoscimento della progressione della malattia mentre Somatostatina, Tireoglobulina e CGRP (Calcitonin Gene Related Peptide) sono correlate ad una più alta probabilità di sopravvivenza. Tuttavia, la descrizione apparsa su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism dei casi di una donna con MEN2B e di un uomo con MEN2A, entrambi con alti livelli di Ca 19,9 nel sangue, ha suggerito la possibilità che elevati livelli sierici di questo marcatore possano essere indicatori di una prognosi severa nei pazienti con CTM avanzato.
La prof.ssa Elisei del Dipartimento di Endocrinologia dell'Università di Pisa ha condotto uno studio per verificare il valore di Ca 19,9 in questo tipo di tumore e analizzare l'esistenza di correlazioni tra i valori di Calcitonina, CEA e Ct Dt (Calcitonina Doubling Time). I risultati sono stati pubblicati su The European Journal of Endocrinology e rivelano che Ca 19,9 ha un buon valore prognostico nei pazienti con CMT avanzato, individuando i soggetti a più alto rischio di morte. Nello specifico, per questo studio sono stati arruolati 100 soggetti con CMT avanzato e per ognuno di essi è stato effettuato il dosaggio di CT, CEA e Ca 19,9. Inoltre, tutti i pazienti sono stati sottoposti ad analisi genetica per determinare la presenza di eventuali mutazioni della linea germinale di RET.
I ricercatori hanno potuto osservare che il 16% dei pazienti presentava alti livelli di Ca 19,9 (988 U/mL vs. 107 U/mL di media). Questi pazienti avevano anche alti valori di CT e CEA. E' stata trovata un'associazione significativa tra il valore di Ca 19,9 e la presenza di metastasi a distanza – soprattutto a livello di fegato e ossa – che rappresentano un fattore prognostico negativo nel CMT. Un ulteriore risultato degno di nota è legato all'elevato tasso di mortalità riscontrato nei pazienti con valori di Ca 19,9 oltre l'intervallo di normalità: la mortalità in questo gruppo è più di 3 volte superiore a quella dei pazienti con valori di Ca 19.9 nella norma (68,3% vs. 20,3%). A corroborare questi risultati si aggiunge la correlazione riscontrata tra la positività di Ca 19,9 all'immunoistochimica e gli alti livelli del marcatore nel sangue: nella popolazione oggetto di studio circa il 40% dei soggetti presentava valori anomali di Ca 19,9 a livello tissutale. Infine, è stato visto che il 17% dei pazienti sottoposti ad analisi presentava mutazioni della linea germinale del protoncogene RET anche se non è stata evidenziata alcuna correlazione con i livelli di Ca 19,9 e il tasso di mortalità.
Sono in corso ulteriori studi per acclarare il ruolo di Ca 19,9 nel CMT ma gli esiti dello studio condotto a Pisa ne mettono in luce il valore quale biomarcatore di rischio, ponendolo in relazione con gli alti livelli di CT e CEA ed offrendo così la possibilità di identificare soggetti a maggior rischio di decesso nel breve periodo.
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