Dall’ISS uno strumento utile per supportare le equipe sanitarie nel dialogo con pazienti e familiari
Comunicare correttamente non è un dettaglio, può fare la differenza tra un paziente che si sente accolto e compreso e uno che si trova smarrito nel percorso di cura. Per rispondere a questa esigenza, l’Istituto Superiore di Sanità, insieme al gruppo CARE (Comunicazione, Accoglienza, Rispetto, Empatia), ha sviluppato i Manuali di valutazione della comunicazione, strumenti pensati per supportare le équipe sanitarie nel dialogo con pazienti e familiari. Si tratta di documenti di indirizzo che offrono un metodo pratico per misurare e valutare la qualità della comunicazione nelle diverse fasi dell’assistenza clinica.
In altre parole, sono strumenti concreti che aiutano i professionisti a valutare i propri punti di forza e le aree di miglioramento, per una comunicazione più attenta all’aspetto emotivo e psicologico delle persone assistite. Attraverso checklist dettagliate e raccomandazioni basate su evidenze scientifiche, i manuali analizzano gli ostacoli comunicativi che si presentano nei vari momenti della cura: dall’informazione clinica alla gestione delle emozioni, dalla condivisione delle decisioni alla relazione con i familiari e i caregiver. Non si tratta solo di fornire metodi pratici, ma promuovere un cambiamento culturale nella sanità, in cui la comunicazione è una competenza tecnica che può (e deve) essere appresa e migliorata.
Gli ambiti di riferimento sono diversi: oncologia, HIV/AIDS, riabilitazione, SLA, emergenza-urgenza, ictus, donazione di organi e tessuti e cure palliative.
MANUALE SULLA VALUTAZIONE DELLA COMUNICAZIONE NELLA DONAZIONE DI ORGANI E TESSUTI
Un trapianto non è solo una sfida medica, ma un percorso complesso che coinvolge persone, quindi emozioni, speranze e timori. Un colloquio mal gestito può fare la differenza e influenzare l’esperienza di chi attende un nuovo organo. Studi e dati lo confermano: la maggior parte delle opposizioni alla donazione è legata non alla mancanza di volontà, ma alla difficoltà nella relazione e nel dialogo con i sanitari.
Un’area critica, che ha spinto l’Istituto Superiore di Sanità e il Centro Nazionale Trapianti (CNT) a sviluppare un nuovo e specifico strumento: il Manuale di valutazione della comunicazione nella donazione di organi e tessuti.
È stato realizzato con il contributo di 92 professionisti sanitari provenienti da 11 Regioni italiane, con l’obiettivo di fornire ai clinici, attraverso percorsi formativi, metodi concreti per affrontare uno dei momenti più delicati del loro lavoro: il colloquio con i familiari di una persona in morte cerebrale. Strutturato sotto forma di checklist, permette agli operatori di autovalutare le proprie modalità comunicative e migliorare la gestione del percorso donativo attraverso un linguaggio chiaro e consapevole del momento.
Per il Professor Rocco Bellantone, Direttore generale dell’ISS, il tema della donazione si inserisce in un contesto culturale e psicologico complesso, in cui i professionisti sanitari non solo informano, ma si confrontano con il dolore, il lutto e i dubbi dei familiari. Saper rispondere con sensibilità, gestire le emozioni, chiarire pregiudizi e incertezze può fare la differenza tra un “no” e una nuova possibilità di vita.
Cosa c’è di nuovo?
Il manuale adotta il modello SPIKES, un protocollo internazionale usato per comunicare diagnosi gravi in ambito medico, aiutare il personale sanitario a gestire le reazioni emotive dei familiari e a fornire le informazioni in modo graduale.
Uno degli aspetti innovativi è cercare di evitare termini tecnici o ambigui come “morte cerebrale” e preferire espressioni dirette come “morte”, lasciando ai familiari il tempo di elaborare la notizia. Ma non basta spiegare, è necessario evitare fraintendimenti e verificare che le persone comprendano correttamente. Per farlo, si usa la tecnica del teach-back, cioè si chiede ai familiari di ripetere con parole proprie quanto spiegato.
Oltre alla chiarezza, c’è la gestione delle emozioni. Il dolore, la rabbia o la confusione sono reazioni naturali e devono essere accolte senza fretta, con ascolto attivo e rispetto dei tempi di elaborazione. Le checklist suggeriscono strategie per affrontare anche le situazioni di conflitto, evitando scontri diretti e cercando un terreno comune. Quando l’emotività diventa troppo intensa, il professionista può proporre il supporto di uno psicologo o di una figura spirituale, senza imporlo, ma rendendola una possibilità concreta.
Il manuale evidenzia, infine, la necessità di adattare la comunicazione ai diversi ambienti culturali e sociali. Le credenze sulla morte e sulla donazione possono essere diverse per provenienza e convinzioni religiose, per questo motivo sono previsti protocolli specifici per comunicare con familiari stranieri o di altra cultura. L’uso di mediatori culturali, la sensibilità nel rispettare le tradizioni e la consapevolezza delle differenze linguistiche sono, quindi, elementi che servono a costruire un dialogo efficace. La donazione è un gesto universale, ma la comunicazione che la accompagna deve essere specifica e inclusiva.
Donazione in caso di minori e adolescenti
Comunicare con i familiari di potenziali donatori minori o adolescenti è uno dei momenti più delicati. La checklist descrive un approccio che mette al centro il rispetto delle emozioni, la personalizzazione del dialogo e l’importanza di garantire un ambiente adeguato. Prima di ogni colloquio, il professionista, oltre a informarsi sull’aspetto clinico (ma anche sullo stato emotivo della famiglia), individua un luogo riservato e vicino al minore, per facilitare l’elaborazione del lutto.
L’uso di un linguaggio comprensibile, semplice e rispettoso è essenziale: chiamare il bambino per nome, evitare termini ambigui e accogliere i silenzi, aiutano i genitori a sentirsi ascoltati, senza pressioni. È lasciato il tempo necessario per elaborare la perdita prima di introdurre il tema della donazione, tenendo conto delle credenze spirituali e della possibilità di coinvolgere altri familiari nella decisione. È necessario individuare il momento più adatto, suggerendo colloqui successivi che non tralascino la possibilità di un supporto psicologico o spirituale.
Particolare attenzione è dedicata alla dignità del corpo e alle preoccupazioni estetiche legate al prelievo degli organi, aspetti importanti per i familiari nell’accettazione della perdita.
Infine, il sostegno non si esaurisce con il consenso alla donazione: il professionista si rende disponibile per incontri successivi, a rispondere alle domande anche dopo il prelievo e a dare un supporto continuativo in uno dei momenti più dolorosi nella vita di un genitore.
COMUNICARE LA SLA: PAROLE CHE GUIDANO
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia rara e neurodegenerativa per la quale non esiste ancora una cura in grado di arrestarne il decorso, con una prognosi severa e una prospettiva di sopravvivenza di 2-4 anni (solo una piccola percentuale supera i 10 anni). Ricevere una diagnosi di SLA è difficile, l’impatto emotivo, sia per la persona malata, sia per i suoi familiari, è forte. Le parole scelte dai professionisti sanitari in questi momenti possono fare la differenza tra un percorso affrontato con cognizione e un’esperienza vissuta nella solitudine e nella paura.
Come si comunica una diagnosi così complessa? Come si costruisce una relazione di fiducia con il paziente? A queste domande risponde il Manuale di valutazione della comunicazione in ambito di assistenza alle persone con SLA, realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità attraverso il Gruppo CARE e il Dipartimento di Neuroscienze dell’ISS.
Il documento nasce dall’esperienza di un gruppo multidisciplinare di esperti con un obiettivo chiaro: migliorare la qualità della relazione tra operatori sanitari, persone con SLA, familiari e caregiver. La SLA è una malattia lunga, complessa e dolorosa in cui ogni fase della malattia porta con sé nuove sfide comunicative: dal momento della diagnosi alla condivisione della prognosi, dalle scelte terapeutiche all’elaborazione del lutto da parte dei familiari.
Il manuale affronta tutti i principali momenti comunicativi per creare un dialogo che non sia solo trasmissione di informazioni ma anche sostegno emotivo e guida nelle scelte più difficili e delicate come:
- Comunicazione della diagnosi e della prognosi.
- Scelta del piano terapeutico e degli interventi di supporto.
- Esami diagnostici e gestione delle terapie.
- Aspetti genetici della malattia e impatto sulle famiglie.
- Problematiche deglutitorie e respiratorie.
- Uso degli ausili tecnologici per la mobilità e la comunicazione.
- Continuità assistenziale e lavoro di équipe.
- Scelte di fine vita, consenso informato, cure palliative e lutto.
Cosa c’è di nuovo?
Tra gli aspetti più delicati c’è la comunicazione del consenso informato e della pianificazione anticipata delle cure (PAT). La SLA è una patologia che evolve in modo imprevedibile e discutere per tempo le decisioni da prendere in futuro consente al paziente di esprimere le proprie volontà, evitando scelte affrettate nei momenti critici. È necessario un dialogo progressivo, che dia spazio a dubbi e paure, senza mai imporre scelte, ma fornendo le informazioni necessarie per affrontare la malattia con consapevolezza.
Nelle fasi avanzate, l’uso della comunicazione aumentativa e alternativa (CAA) permette ai pazienti di mantenere una forma di espressione, ma è fondamentale che anche i caregiver siano formati all’utilizzo di questi strumenti.
Coinvolgere attivamente i caregiver, ascoltarne le difficoltà e aiutarli a gestire il carico assistenziale con strumenti adeguati è la base per migliorare la qualità della vita non solo dell’assistito, ma di tutta la famiglia.
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