Il termine sindrome ipereosinofila (HES) definisce un gruppo di malattie rare caratterizzate da una persistente ipereosinofilia, ossia da un’elevata concentrazione sanguigna di eosinofili, una specifica tipologia di globuli bianchi che normalmente riveste un ruolo di primo nella risposta del corpo umano ad allergie e infezioni parassitarie. Se presenti in livelli eccessivamente alti, gli eosinofili possono infiltrarsi nei tessuti dell’organismo, provocando infiammazione e danni a numerosi organi che, nei casi più gravi, possono avere conseguenze anche fatali.

Alla base della sindrome ipereosinofila vi può essere un interessamento delle cellule mieloidi (HES primaria) a causa di un’alterazione cromosomica che dà origine al riarrangiamento di geni come PDGFRA e FIP1L1, oppure lo sviluppo di una popolazione clonale di linfociti T in grado di indurre un’eccessiva produzione di interleuchina-5 (HES linfocitica). La malattia può anche insorgere a seguito di un’infezione parassitaria o di una reazione allergica, oppure può essere secondaria ad altre condizioni (tra cui patologie autoimmuni o linfoma di Hodgkin). In alcuni pazienti è stata riscontrata una forma di sindrome ipereosinofila con ricorrenza familiare, probabilmente dovuta a una mutazione genetica ereditaria non ancora individuata (HES familiare). Nonostante i progressi recentemente compiuti nella comprensione della patogenesi della HES, in circa il 75% dei casi l’origine esatta della malattia resta ancora oggi sconosciuta (HES idiopatica).

Le manifestazioni cliniche della sindrome ipereosinofila sono ampiamente variabili e dipendono dagli organi eventualmente coinvolti, come la cute (orticaria, eczema, angioedema, papule pruriginose, noduli, eritrodermia), i polmoni (tosse, dispnea e affanno), il sistema nervoso centrale e periferico, l’apparato digerente (nausea, vomito, dolore addominale, diarrea, asciti) o il cuore (miocardite, trombosi intraventricolare, fibrosi endomiocardica, ispessimento e distruzione delle valvole cardiache). I pazienti possono presentare anche generici sintomi di malessere, come affaticamento, febbre e dolori muscolari.

La diagnosi di HES si basa sul riscontro di un’ipereosinofilia persistente e marcata (conta eosinofilica superiore a 1.500 unità per microlitro di sangue) e/o di un danno d’organo mediato dagli eosinofili. Una volta soddisfatti questi criteri si procede con una serie di analisi volte a determinare la possibile causa della malattia.

Il trattamento della sindrome ipereosinofila viene stabilito in relazione alla gravità della malattia e all'eventuale identificazione di specifiche varianti patogenetiche. Nei pazienti positivi al gene di fusione PDGFRA-FIP1L1, ad esempio, la terapia d’elezione si basa sull’impiego del farmaco imatinib. Negli altri pazienti l’approccio terapeutico iniziale è solitamente rappresentato dai corticosteroidi: in caso di resistenza o intolleranza al trattamento, possibili alternative includono l’uso di idrossicarbamide, interferone-alfa e imatinib. Per la HES è stato recentemente approvato anche in Italia il farmaco mepolizumab, un anticorpo monoclonale anti-interleuchina-5.

Fonti principali:
- Orphanet
- Shomali W, Gotlib J “World Health Organization-defined eosinophilic disorders: 2019 update on diagnosis, risk stratification, and management.” Am J Hematol (2019)

Sindrome ipereosinofila

Ematologo, reumatologo, pneumologo, immunologo e allergologo sono coinvolti nella gestione dei pazienti. E non mancano le difficoltà nel processo diagnostico di malattia 

Dai libri di biologia si apprende che il ruolo degli eosinofili è quello di distruggere i parassiti e modulare le risposte infiammatorie (specialmente in presenza di allergie); perciò, mentre i linfociti B producono gli anticorpi e i linfociti T uccidono le cellule infettate dai virus, questo tipo di globuli bianchi sembra svolgere mansioni secondarie. Niente di più sbagliato dal momento che gli eosinofili non solo possiedono un preciso valore nella risposta immunitaria ma, qualora siano presenti in numero troppo elevato, possono dar luogo a una condizione conosciuta come sindrome ipereosinofila (HES), la cui presa in carico risulta assai complessa e rimandata a specialisti di diverse branche della medicina.

AIFA

Si tratta del farmaco mepolizumab, approvato da AIFA in regime di rimborsabilità per quattro diverse malattie causate da eosinofili

Milano - Mepolizumab si fa in quattro. L’anticorpo monoclonale di GSK che, sei anni fa, ha rappresentato una svolta nella cura dell’asma severo, ha dimostrato di essere efficace anche per altre tre patologie legate all’eosinofilia, diventando, così, il primo trattamento approvato per la granulomatosi eosinofilica con poliangioite (EGPA), una forma di vasculite, e una nuova opzione terapeutica per i pazienti con sindrome ipereosinofila (HES) o con rinosinusite cronica con poliposi nasale (CRSwNP).

EMA

Se approvato, sarebbe l'unico trattamento in Europa per la granulomatosi eosinofila con poliangioite e il primo biologico per sindrome ipereosinofila e rinosinusite cronica

Il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha raccomandato l’approvazione di mepolizumab, un anticorpo monoclonale che ha come target l'interleuchina-5 (IL-5), per tre patologie di tipo eosinofilico: sindrome ipereosinofila (HES), granulomatosi eosinofilica con poliangioite (EGPA) e rinosinusite cronica con polipi nasali (CRSwNP). Il parere del CHMP è una delle fasi finali della procedura di autorizzazione all'immissione in commercio prima della decisione di approvazione da parte della Commissione Europea.

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