Dal trattamento con il farmaco emerge un miglioramento sostenuto del prurito, dei livelli sierici di acidi biliari e di parametri come altezza, peso e qualità del sonno
Nuovi dati positivi emergono dallo studio di estensione sul farmaco odevixibat (nome commerciale Kayfanda) per il trattamento della sindrome di Alagille, una malattia rara, di origine genetica, che colpisce numerosi organi, tra cui il fegato. I risultati sono stati presentati dall’azienda Ipsen durante l’edizione 2024 del Congresso dell'American Association for the Study of Liver Diseases (AASLD), svoltasi dal 15 al 19 novembre a San Diego, in California.
La sindrome di Alagille (ALGS) è una patologia multisistemica caratterizzata da un’ampia serie di manifestazioni cliniche che, oltre al fegato, possono riguardare il cuore, lo scheletro, gli occhi, la fisionomia facciale, i reni e l’apparato endocrino. Il coinvolgimento epatico determina una colestasi cronica che può associarsi a prurito, iperbilirubinemia coniugata, epatosplenomegalia (ingrossamento di fegato e milza), ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e coagulopatia, e che può anche determinare una grave insufficienza epatica.
In occasione del Congresso AASLD sono stati presentati i nuovi risultati provenienti dalla fase di estensione in aperto dello studio clinico di Fase III sull’impiego di odevixibat per il trattamento della ALGS. Dai dati emerge l’efficacia prolungata del farmaco, con un miglioramento sostenuto del prurito grave, dei livelli sierici di acidi biliari e di parametri quali altezza, peso e qualità del sonno nei pazienti trattati con odevixibat per almeno 72 settimane.
Nel corso del Congresso, Ipsen ha presentato anche i gli ultimi dati clinici sull’uso di odevixibat per il trattamento della colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC) e sull’impiego di elafibranor nei pazienti con colangite biliare primitiva (PBC).
“Grazie al nostro lavoro con le comunità di pazienti, sappiamo che ricevere una diagnosi di PBC, PFIC o ALGS può essere devastante per una persona e per chi la assiste”, ha affermato Sandra Silvestri, EVP e Chief Medical Officer di Ipsen. “Oggi siamo orgogliosi di poter dire che sia i dati presentati su elafibranor sia quelli di odevixibat nelle due indicazioni sono molto importanti per la comunità scientifica, così come per i pazienti, che possono contare su terapie efficaci e sicure in grado di migliorare la qualità della vita. Ipsen è impegnata per portare un reale miglioramento nelle malattie colestatiche rare e siamo solo all’inizio”.
Seguici sui Social