Nel corso dell’evento, promosso dall’associazione Huntington Onlus, sono state dettagliatamente illustrate le procedure di diagnosi prenatale e pre-impianto
La scelta di avere dei figli non è mai semplice, perché pone una coppia di fronte a una serie di responsabilità e doveri che solo col miracolo della nascita di un bambino diventano accettabili. Tuttavia, se sui genitori grava il peso di una malattia neurodegenerativa a carattere ereditario come la Huntington, la scelta procreativa si fa terribilmente complicata, dal momento che, al desiderio di maternità o paternità, fa da contraltare il timore che il gene responsabile della patologia possa essere trasmesso anche al nascituro.
Il tema della genitorialità nella malattia di Huntington, ampiamente trattato all’interno del Libro bianco “Huntington. Da affare di famiglia a questione pubblica”, risulta tanto caro ai pazienti e alle loro famiglie che l’associazione italiana Huntington Onlus lo ha ripreso e approfondito in uno speciale incontro tra medico e paziente. Si tratta di un meeting virtuale, il cui video è disponibile sul sito di Huntington Onlus, che fa parte di un ciclo di appuntamenti durante i quali vengono discussi temi specifici riguardanti la malattia, privilegiando la divulgazione di informazioni chiare e precise. A condurre la discussione sul tema della genitorialità si sono avvicendate la dott.ssa Federica Natacci e la dott.ssa Valeria Nicotra, dell’UOSD di Genetica Medica della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
La dott.ssa Natacci ha avviato l’incontro soffermandosi sull’importanza della consulenza preconcezionale e della diagnosi prenatale, inquadrati come due momenti dal significato diverso, in quanto nella consulenza preconcezionale la gravidanza non è ancora in corso, al contrario del momento in cui si esegue una diagnosi prenatale; la consulenza realizzata in epoca preconcezionale è incentrata soprattutto sui genitori, mentre una consulenza in epoca prenatale prevede anche l’entrata in scena del nascituro. Le coppie sulla cui strada si è interposta la malattia di Huntington possono trovarsi a dover affrontare entrambe le situazioni. Il cardine di questo momento è la visita genetica durante la quale la coppia viene informata sulla patologia e sulla probabilità di trasmetterla alla prole, e viene messa a conoscenza delle possibilità di prevenire o evitare questa situazione.
Il percorso preconcezionale è fondamentale e permette di avere un’idea chiara del ventaglio di possibilità che si prospettano alla coppia: esso ripercorre le varie opzioni riproduttive che, oltre alla possibile rinuncia alla maternità o paternità, e alla scelta di avere figli tramite adozione o affrontando il rischio che possano ereditare la Huntington, contempla anche le soluzioni per evitare di trasmettere la malattia (diagnosi genetica pre-impianto) o per monitorare, durante la gravidanza, la presenza o meno dell’alterazione genetica nel feto (diagnosi prenatale).
La diagnosi prenatale, infatti, prevede un insieme di indagini strumentali (come amniocentesi e villocentesi) e di laboratorio finalizzate all’identificazione di patologie che insorgono, già prima della nascita, su base genetica, infettiva, iatrogena o ambientale: di fronte a un responso positivo, i genitori possono interrompere o proseguire la gravidanza.
Diversamente dalla diagnosi prenatale, la diagnosi genetica pre-impianto, di cui si è occupata la dott.ssa Valeria Nicotra, può essere eseguita senza che il genitore a rischio di sviluppare la malattia di Huntington abbia sostenuto il test genetico per confermare la presenza dell’alterazione genetica alla base della patologia. Questa tecnica rientra nell’ambito delle metodiche di procreazione medicalmente assistita (PMA) e si avvale di indagini genetiche condotte nell’embrione prima del suo trasferimento in utero: essa consente di identificare le mutazioni del DNA in cellule prelevate dall’embrione stesso, coltivato in vitro per 5-6 giorni. Contrariamente alla diagnosi prenatale, viene realizzata prima che si instauri una gravidanza e ha l’obiettivo di evitare la decisone di un aborto terapeutico trasferendo nell’utero solo blastocisti libere dalla malattia. Tra le opzioni a disposizione delle coppie c’è anche la fecondazione eterologa, che si realizza tramite la donazione di ovociti e/o di spermatozoi.
Nel caso di una malattia come la Huntington, la consulenza riservata alle coppie che desiderano dei figli è dunque un momento di grande importanza, che serve a renderle consapevoli di tutte le opportunità a disposizione, e pertanto deve essere condotta nell’ottica della multidisciplinarietà, considerando, oltre al ginecologo, figure che includono il genetista e lo psicologo, per poter fornire a queste coppie un sostegno a tutto campo in un momento tanto delicato e meraviglioso come quello di avere un figlio.
Per approfondimenti, leggi anche le storie di Evelin e Marco che, nonostante la malattia di Huntington, hanno scelto di affrontare un percorso specifico per diventare genitori.
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