Il progetto è stato realizzato grazie al sostengo di Fondazione LIRH e alla collaborazione di LIRH Toscana, LIRH Puglia e Noi Huntington
Spesso si sente dire che “un’immagine vale mille parole” e in certi ambiti della medicina questo è indubbiamente vero e, soprattutto per quel che riguarda la malattia di Huntington, le tante pagine di descrizione degli aspetti clinici della patologia non possono essere condensate in nulla di meglio se non il volto di un paziente. Un volto - come quello di Giacoma - che in ogni espressione rivela la sofferenza e la forza di chi è quotidianamente impegnato nella lotta contro la malattia. È questo il significato più intimo di “That Disorder - A Photography Project on Huntington Disease”, un progetto realizzato da Gabriele Berti, grazie al sostegno e al contributo della Fondazione LIRH, in collaborazione con LIRH Toscana, LIRH Puglia e Noi Huntington.
Lo scopo è quello di fornire un racconto umano della malattia di Huntington. Chiunque acceda a un qualsiasi articolo scientifico o sfogli un libro di medicina dedicato a questa terribile condizione noterà immediatamente che la Huntington colpisce in maniera irreversibile la sfera motoria e quella cognitiva. Ma questo cosa significa veramente? Per coloro che non abbiano frequentato un corso di laurea in medicina, espressioni come queste hanno un significato lontano e vagamente asettico. Ma i familiari dei pazienti colpiti sono di certo in grado di descrivere la Huntington in maniera molto più vivida ed empatica.
Gabriele Berti, fotografo fiorentino da anni impegnato in reportage incentrati su tematiche sociali, ha scelto la sua arte per rappresentare la patologia e non lo ha fatto in veste di osservatore distaccato, ma di persona direttamente coinvolta. Infatti, nel 2018 alla madre di Berti è stata diagnosticata proprio la Huntington. “Ho fatto a mia volta il test e sono risultato positivo, al momento ancora asintomatico”, scrive Berti sulla sua pagina di presentazione sul sito di “That Disorder”. Una notizia drammatica, che non gli ha fatto però chinare il capo, ma lo ha spinto a mettersi in contatto con altre famiglie colpite dalla malattia e poi con la Fondazione LIRH, per non sentirsi isolato e dare un senso a questa scoperta.
Con la fotografia, Berti ha dato forma al bisogno di proteggere il figlio dallo spettro della malattia, riuscendo nel contempo a stabilire un contatto sincero con i malati. Nei foto-ritratti di Berti, ogni ruga del volto dei protagonisti incarna i sentimenti contrastanti scatenati dalla Huntington. Infatti, la prima storia associata al ritratto è quella di Giacoma, settantaduenne madre di Gabriele: le sue problematiche dovute alla malattia incidono in maniera particolare sulla gola, con conseguente rischio di soffocamento, ma guardando l’espressione della donna nella foto in bianco e nero è impossibile non pensare alla sua forza. “Bisogna essere positivi, vedere rosa e ringraziare Dio tutti i giorni che ci alziamo e che ci siamo”. Con questo messaggio Giacoma vuole dare speranza a chi vive la malattia sulla propria pelle e il suo sguardo sereno è un’evidente indicazione del fatto che, per quanto orrenda sia la Huntington, essa non può e non deve spegnere la vitalità dei malati.
“That Disorder” è dunque un viaggio nella malattia di Huntington guidato degli stessi protagonisti, ossia i pazienti, che tramite sé stessi danno testimonianza di cosa sia questa patologia in tutte le sue declinazioni. Al primo ritratto fotografico di Giacoma se ne aggiungeranno presto altri in anteprima online, nell’attesa che l’attuale emergenza sanitaria si plachi permettendo l’esposizione delle foto in una mostra a cui accedere in presenza, per dare a tutti la possibilità di incrociare da vicino sguardi così carichi di vita.
Seguici sui Social