Caterina Simonsen

Grazie a un attento monitoraggio e ad una terapia adeguata, Caterina ha potuto dare alla luce uno splendido bambino

In occasione della Festa della Mamma, il messaggio più bello è quello lanciato da una nuova vita che trionfa sui dubbi e sulle limitazioni che una malattia può imporre ai pazienti. Pur combattendo contro quattro patologie rare, fra le quali il deficit di alfa-1-antitripsina (DAAT), Caterina Simonsen i limiti ha sempre dimostrato di poterli superare e, con la sua storia, può essere da esempio per molte donne affette da DAAT, specie per quelle che cercano la maternità: da qualche anno, infatti, Caterina ha conosciuto la gioia di essere mamma.

Per lei non è stato facile, ma è comunque riuscita a portare avanti il suo progetto di vita nonostante il deficit di alfa-1-antitripsina. “All’inizio, i medici con cui ho parlato non pensavano fosse una buona idea avere una gravidanza, perché non avrei potuto portare il bambino sino al terzo trimestre a causa dei miei problemi di insufficienza respiratoria”, spiega Caterina. “Allora ero ancora in terapia con l’ossigeno e, durante la gravidanza, l’utero inizia a crescere finendo col toccare il diaframma in diversi punti e, oltre al DAAT, sono affetta anche da paralisi del diaframma. Perciò, i medici mi proposero di sottopormi a una serie di esami di monitoraggio”. Il deficit di alfa-1-antitripsina, infatti, è una condizione ereditaria strettamente associata al rischio di sviluppare enfisema polmonare o altri disturbi respiratori cronici, tra cui asma e bronchiectasie; in coloro che ne sono affetti è importantissimo il monitoraggio della funzionalità polmonare. “In precedenza avevo avuto un’altra gravidanza, che sono stata costretta a interrompere prematuramente. In quel caso, la mia funzionalità respiratoria era al 35%”, spiega Caterina. “È stato un momento difficile e faticoso, in seguito al quale ho parlato con il prof. Andrea Vianello, dell’Unità di Fisiopatologia Respiratoria del Policlinico Universitario di Padova, e lui mi ha domandato se una gravidanza fosse ancora nei miei propositi. Ho risposto che l’avrei desiderata, ma che l’unica cosa che non volevo era doverla interrompere ancora e stare così male”.

A quel punto, il prof. Vianello ha proposto a Caterina di prendersi un anno di tempo per potenziare al massimo le terapie e aumentare il più possibile la sua capacità polmonare. Se al termine di quel periodo la funzionalità respiratoria e gli altri parametri fossero stati nella norma, e lei lo avesse ancora desiderato, lui stesso le avrebbe dato precise indicazioni sulle tempistiche migliori per rimanere incinta. Se, al contrario, Caterina avesse cambiato idea, si sarebbe trovata nella condizione migliore per affrontare un intervento di legamento delle tube, al fine di scongiurare la possibilità di ulteriori gravidanze. A quell’incontro seguì un piano di lavoro intenso. “In quell’anno ho fatto molta fisioterapia e ho cambiato il protocollo terapeutico, tanto che, a inizio estate, Vianello mi disse che, se fossi andata avanti così, tra l’autunno e la primavera dell’anno successivo avrei potuto sperare di rimanere incinta”, ricorda Caterina. “Prima della metà di settembre l’ho chiamato annunciando il risultato positivo del test di gravidanza. A quel punto ho sostenuto tutti gli esami per verificare che la gestazione potesse proseguire, e tutti i parametri si sono rivelati nella norma. Ho iniziato il ‘valzer’ delle consulenze genetiche e svolto gli esami di teratogenicità, per valutare gli eventuali eventi avversi sul feto dei famaci che assumevo. Inoltre, il papà di mio figlio si è sottoposto al test genetico per vedere se fosse portatore della mutazione per il DAAT. Fortunatamente non era così, e non ho dovuto fare anche la villocentesi”.

Appena un paio di mesi dopo aver appreso la notizia della gravidanza, Caterina è entrata in ospedale per fare la prima infusione della terapia sostitutiva per il deficit di alfa-1-antitripsina. “Nel momento in cui sono rimasta incinta, la mia funzionalità respiratoria era del 48% ma, prevedibilmente, con l’avanzare della gravidanza questo valore aveva cominciato a scendere”, racconta la ragazza. “Tuttavia, fin dall’inizio della terapia sostitutiva, il livello ha cominciato a stabilizzarsi e tre mesi dopo la prima somministrazione era addirittura all’80%”. Caterina è entrata in ospedale alla 23esima settimana di gestazione ed è rimasta ricoverata sino alla 32esima, quando il suo bambino è venuto al mondo. I medici hanno accuratamente monitorato le sue condizioni e, per tutto il tempo fino al momento del parto, non hanno mai osservato un calo dei valori della capacità respiratoria.

All’inizio, la terapia sostitutiva è stata un grosso interrogativo”, spiega Caterina. “I medici hanno molto discusso prima di decidere di farmi l’infusione perché ero già incinta e non c’erano casi simili al mio nella letteratura scientifica, ma alla fine si è ragionato sul fatto che si trattasse di una proteina che tutti, tranne chi è affetto da DAAT, hanno nel sangue. I benefici del trattamento sarebbero stati molti e gli effetti collaterali, eventualmente, sarebbero stati legati all’infusione. Ho accettato di fare la terapia senza riserve, per la salute mia e del bambino”. Una scelta, questa, che si è rivelata giusta e che conferma i benefici della terapia sostituiva per i pazienti con deficit di alfa-1-antitripsina, specie quando questa viene somministrata precocemente. “Inoltre - conclude Caterina - è stato fondamentale che il mio compagno abbia accettato di sottoporsi al test per scoprire se avesse o meno la mutazione che provoca il DAAT. Questo esame è fondamentale per avere la possibilità di portare avanti una gravidanza in maniera consapevole ed informata”. Oggi Caterina è mamma di uno splendido bambino di tre anni e la sua storia rappresenta una vittoria esemplare su una patologia come il deficit di alfa-1-antitripsina, che può essere fortemente limitante.

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