Il tumore al colon-retto è il terzo tipo di neoplasia più diffusa in Italia, con circa 35 mila nuovi casi l’anno. La malattia è abbastanza rara prima dei 40 anni e si manifesta più frequentemente dopo i 60 anni. In genere si sviluppa a partire da polipi, ovvero delle piccole escrescenze sulla mucosa intestinale che si formano a causa di una proliferazione cellulare anomala. In molti casi i polipi sono benigni, soprattutto se di piccole dimensioni, e la probabilità che si trasformino in tumore è piuttosto bassa (inferiore al 10%). La trasformazione in senso maligno di un polipo, invece, porta alla proliferazione tumorale della mucosa intestinale e alla possibile diffusione del tumore anche verso il fegato, l’organo più strettamente collegato al distretto colorettale.

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I risultati di uno studio di fase III dimostrano che quella con bevacizumab e capecitabina è ben tollerata e aumenta la sopravvivenza libera da malattia

La terapia combinata con bevacizumab, un farmaco anti-angiogenetico, e il chemioterapico capecitabina è risultata efficace nei pazienti ultrasettantenni con cancro colorettale metastatico. A confermarlo uno studio nato dalla collaborazione tra oltre 40 centri di ricerca internazionale in dieci Paesi e pubblicato su "Lancet Oncology".

Il farmaco potenzia l’attività delle cellule immunitarie ma non ha dato conferma di efficacia nei pazienti con mutazione KRAS

E’ stato terminata la sperimentazione per la valutazione di sicurezza ed efficacia della lenalidomide nel trattamento del carcinoma colorettale metastatico con mutazione KRAS, in monoterapia o in combinazione con cetuximab, un anticorpo monoclonale. Questi gli esiti: l’immunomodulazione è ben tollerata e contribuisce alla circolazione di cellule immunitarie nei pazienti, tuttavia i risultati raccolti sono stati limitati e non è ancora possibile giungere a conclusioni riguardo la sicurezza della terapia. Lo studio, multicentrico e open-label, ha coinvolto numerosi team di ricerca internazionali, tra cui anche gli italiani dell’Oncologia Falck dell’A.O. di Niguarda-Milano, l’A.O. Universitaria San Martino di Genova e l’A.O. Universitaria Riuniti Umberto I di Ancona.

Più alto il rischio nei parenti di chi è stato diagnosticato, non solo quelli di primo grado. Secondo uno studio statunitense le attuali linee guida mancherebbero il 10% delle diagnosi precoci

Avere una storia famigliare di cancro del colon-retto significa sottoporsi a controlli regolari, per l’individuazione tempestiva di polipi adenomatosi che possono degenerare in neoplasia – seppure in molti casi siano benigni. I parametri per uno screening precoce sono suggeriti dalle linee guida internazionali, ma secondo una ricerca dell’Huntsman Cancer Institute (HCI) dell’Università dello Utah, pubblicata su "Cancer " necessitano di essere ampliati: sembra infatti che escludano una sottopopolazione di soggetti ad alto rischio, con un fallimento di diagnosi precoce stimato attorno al 10%.

Secondo i dati ottenuti da una nuova analisi retrospettiva dello studio VICTOR (Vioxx in Colorectal Cancer Therapy: Definition of Optimal Regime) e pubblicati su "Journal of Clinical Oncology", i pazienti affetti da tumore al colon-retto con mutazioni del gene PI3KCA presentano un rischio di recidiva inferiore rispetto ai pazienti con la forma wild-type del gene. Di conseguenza PI3KCA potrebbe rappresentare un biomarker predittivo della risposta all’aspirina.

Le cellule dell’epitelio intestinale si trasformano nel tempo, acquisendo la capacità di invadere altri organi. Scoperto dai ricercatori dell’Humanitas di Rozzano, può servire per individuare precocemente le forme più aggressive

E’ italiano lo studio che ha individuato uno dei trucchi ideati dalle cellule del carcinoma colorettale per sfuggire ai controlli del sistema immunitario umano e invadere i tessuti e organi circostanti. Una svista, da parte del carcinoma, che prende il nome di TWIST1, un gene già noto ed espresso dalle cellule del tumore primario: i ricercatori dell’Humanitas di Rozzano, invece, hanno osservato che lo stesso gene è espresso anche da cellule apparentemente normali, localizzate a distanza dalla massa tumorale.

Bayer HealthCare ha annunciato ieri che la Commissione Europea ha approvato regorafenib compresse per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma metastatico del colon-retto (mCRC) che sono stati precedentemente trattati, o non sono candidabili al trattamento con le terapie disponibili. Queste includono chemioterapie a base di fluoropirimidine, terapie anti -VEGF e terapie anti-EGFR.

Nuovi dati provenienti dall’analisi finale dello studio IMPACT, un trial di fase II che ha studiato l’effetto di MGN1703, un nuovo immunomodulatore, in 59 pazienti con carcinoma colorettale metastatico, hanno confermato l’azione biologica del farmaco e suggerito come sia possibile identificare i pazienti potenzialmente responsivi al trattamento.
I dati sono stati presentati in occasione del 15° Congresso Mondiale ESMO (European Society of Medical Oncology) sul carcinoma colorettale dal prof. Hans-Joachim Schmoll (Martin Luther University, Halle, Germania).

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