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Prof. Ferdinando SquitieriIl prof. Ferdinando Squitieri: “La Fase III dello studio partirà all'inizio del 2019 e coinvolgerà centinaia di pazienti. È attesa una riduzione della proteina huntingtina nel liquido cefalorachidiano”

Roma – “Il primo successo nelle terapie neurodegenerative in 50 anni”: così è stato definito da alcuni giornali il risultato della sperimentazione sul farmaco Ionis-HTTRx. In uno studio di Fase I/IIa che si è appena concluso, la molecola ha dimostrato di poter ridurre la quantità di proteine nocive che causano la malattia di Huntington.
Ma si tratta davvero di una svolta epocale o sarebbe d'obbligo una maggiore cautela? L'abbiamo chiesto a uno dei maggiori esperti sulla patologia: il prof. Ferdinando Squitieri, responsabile dell'Unità Ricerca e Cura Huntington e Malattie Rare dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza e dell'Istituto Mendel di Roma. Neurologo, genetista e psichiatra, si occupa di queste malattie dal 1984, sia come medico che come ricercatore, ed è direttore scientifico e co-fondatore della Fondazione LIRH (Lega Italiana Ricerca Huntington e malattie correlate Onlus).

Professore, si tratta davvero del più grande successo dell'ultimo mezzo secolo nelle malattie neurodegenerative?

Quello emerso dallo studio di Fase I/IIa è sicuramente un risultato importante, ma per ora riguarda solo la tollerabilità del farmaco. Se nella Fase III della sperimentazione dimostrerà risultati come quelli attesi e sperati, ha il potenziale per diventare il più grande successo nella storia di questo gruppo di patologie. Sul piano clinico, ci si aspetta una riduzione della proteina huntingtina nel liquido cefalorachidiano insieme ad un miglioramento delle manifestazioni cliniche a ad una riduzione della severità del decorso. Se arrivasse questa conferma, sarebbe straordinario. Bisogna però considerare che l'obiettivo del trial non è azzerare completamente la produzione della proteina huntingtina: il farmaco, infatti, riduce sia quella normale che quella mutata. Perciò, anche se la funzione dell'huntingtina nelle cellule nervose non è stata ancora del tutto chiarita, un determinato livello di proteina va comunque conservato.

Il farmaco potrebbe essere usato anche per il trattamento dell'Alzheimer e del Parkinson?

Come tecnologia, certamente. Ma il notevole vantaggio dell'Huntington è che conosciamo la causa, il gene difettoso: nelle altre malattie neurodegenerative esistono diverse forme, e quasi mai l'eziologia è nota.

Come procederà la sperimentazione e quali requisiti dovranno avere i pazienti?

A breve inizierà una fase in aperto, nella quale non ci sarà più la somministrazione del farmaco contro placebo, ma solo il farmaco, testato a dosi più alte, quelle che dovrebbero dimostrare i potenziali benefici attesi. Poi, all'inizio del 2019, partirà la Fase III dello studio, che sarà globale e multicentrica, e che coinvolgerà centinaia di pazienti con malattia di Huntington. È ancora troppo presto, però, per poter dire quando inizierà l'arruolamento e i requisiti che dovranno avere i pazienti.

Quali prospettive ci sono per i pazienti che sono affetti dalla malattia ma si trovano ancora in una fase asintomatica?

Ora occorre pensare a come disegnare la Fase III dello studio: le strategie non sono ancora definite, ma in ogni caso si sta pensando anche a una possibile futura prevenzione per chi ha una mutazione nel gene, ma è ancora in una fase asintomatica. Non solo: si sta cercando un modo per poter estendere questa strategia sperimentale anche alle persone colpite da Huntington giovanile, la forma della malattia caratterizzata dall'esordio dei segni e dei sintomi prima dei 20 anni.

La perdita di neuroni, come dimostrano le immagini di risonanza magnetica, avviene già prima che si verifichino i sintomi. Non sarebbe quindi possibile monitorare gli effetti del farmaco tramite risonanza magnetica, per verificare se la perdita di neuroni prosegue o rallenta, e compararla a quella di soggetti non in terapia?

Sì, è una procedura possibile, ed è quella che stiamo già adottando in un altro studio, tuttora in corso anche in Italia, chiamato LEGATO-HD. In questo studio stiamo sperimentando per la malattia di Huntington il farmaco laquinimod, già in uso con altri dosaggi nella sclerosi multipla. Il trial utilizza appunto le tecniche di risonanza magnetica e altre strategie di imaging, utili per rilevare i danni provocati da queste terribili malattie.

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