Il prof. Angelo Di Giorgio (Udine): “Dati preliminari indicano che i pazienti trattati con questo farmaco hanno anche una minore necessità di ricorrere al trapianto di fegato”
Udine – Buone notizie per i circa 80-100 bambini italiani colpiti da colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC): il nuovo farmaco odevixibat, disponibile in commercio nel nostro Paese dall'ottobre del 2022, si è dimostrato in grado di ridurre uno dei sintomi più terribili di questa patologia, l’incessante prurito.
Le colestasi intraepatiche familiari progressive rappresentano un gruppo di rare malattie genetiche che causano colestasi, ossia elevati livelli di acidi biliari nel sangue. Come spiega il prof. Angelo Di Giorgio, professore di Pediatria presso l’Università di Udine, la colestasi cronica (quindi l’aumento degli acidi biliari) determina un prurito invalidante, particolarmente durante le ore notturne. Il prurito causa lesioni cutanee e compromissione del sonno e impatta negativamente sulla qualità di vita del bambino e dei genitori. La colestasi cronica, inoltre, causa fibrosi e poi cirrosi epatica.
Professore, qual è, attualmente, la situazione dei pazienti affetti da PFIC, relativamente alle opzioni di trattamento?
“Fino a poco tempo fa non erano disponibili farmaci efficaci per il trattamento del prurito e della colestasi, e il trapianto di fegato era spesso l’unica opzione possibile. Oggi sono disponibili nuovi farmaci, chiamati inibitori di IBAT (il trasportatore ileale degli acidi biliari). Si tratta di farmaci capaci di far eliminare gli acidi biliari con l’intestino. In questo modo si ottiene una riduzione dei livelli di acidi biliari nel sangue, con conseguente riduzione del prurito e trattamento efficace della colestasi”.
Lei ha recentemente coordinato uno studio su uno di questi nuovi farmaci, chiamato odevixibat. Ci può descrivere l'impatto che ha avuto sulla storia naturale della malattia?
“Sì, i risultati dello studio che abbiamo condotto in collaborazione con l’Area Fegato della SIGENP (Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica) sono stati appena pubblicati su un’importante rivista internazionale, il Journal of Hepatology – Reports. Abbiamo trattato con odevixibat 24 bambini affetti da PFIC, e l’impatto del nuovo farmaco è stato estremamente positivo. Nella maggior parte dei bambini trattati abbiamo assistito a una risoluzione del prurito e a un netto miglioramento della loro qualità di vita. Ora questi bambini non sono più torturati dal prurito, possono riposare bene durante la notte e condurre una vita normale. Per la prima volta l’azione del farmaco è stata studiata in pazienti affetti da PFIC in uno scenario di vita reale (real-world), ossia al di fuori dei trial clinici, che spesso arruolano pazienti altamente selezionati”.
Qual è l'effetto delle nuove terapie sulla sopravvivenza senza trapianto e sulla sopravvivenza libera da eventi?
“Dati preliminari condotti su studi clinici indicano che i pazienti trattati con odevixibat sopravvivono con il proprio fegato in percentuale maggiore rispetto ai pazienti non trattati. C'è quindi una minore necessità di ricorrere al trapianto epatico. Ripeto, si tratta di dati preliminari, ma sono comunque confortanti e fanno ben sperare per il futuro di questi bambini”.
Quali sono le esigenze dei pazienti che devono ancora essere soddisfatte e cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro?
“Questi pazienti devono essere gestiti presso centri specializzati dove lavorano medici che conoscono bene questa malattia. La ricerca non si ferma, quindi la speranza per il futuro è quella di avere ancora più farmaci per poter trattare sempre più efficacemente questa terribile malattia”.