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Sindrome di Van der Knapp, lo sfogo di mamma Carla

Il mancato riconoscimento del “contributo caregiver” per la famiglia è solo l’ultimo degli ostacoli per poter svolgere una vita dignitosa. “Non possiamo lavorare, siamo gli OSS dei nostri figli”

“Siamo stanchi: stufi di dover lottare continuamente per i nostri diritti. Stanchi di una fatica fisica ed emotiva dovuta al fatto che, alla fine del 2024, dobbiamo ancora lottare per quello che ci dovrebbe essere riconosciuto automaticamente”. Dopo tante interviste, servizi televisivi, uscite pubbliche, mamma Carla si sente davvero provata dal dover portare avanti una battaglia per i suoi due figli, Bryan e Noemi, entrambi affetti da sindrome di Van der Knapp: una forma di leucodistrofia caratterizzata da macrocefalia a esordio infantile, accompagnata spesso da un lieve ritardo motorio, che peggiora nel tempo portando a difficoltà nella deambulazione, cadute, atassia, spasticità, crisi epilettiche progressive e deterioramento cognitivo.

Si tratta di una patologia rarissima, al mondo si conoscono solo 100 casi tra cui Bryan e Noemi, che hanno rispettivamente 19 e 4 anni”, spiega Carla. “La parte più colpita è la testa. Un accumulo di liquido provoca delle cisti non operabili che comprimono il cervello e il cervelletto, impedendone lo sviluppo. È una malattia sola, ma che al suo interno ne racchiude molte altre: non a caso si parla di megancefalopatia leucodistrofica con cisti subcorticali. Entrambi i miei figli, sebbene in forma diversa, presentano problemi di vista, di udito e di disfagia, oltre a un ritardo mentale e motorio e a una serie di altri sintomi, tra cui atassia, spasticità, dolori diffusi, crisi epilettiche e crisi comportamentali. La situazione di Noemi, poi, è particolarmente grave: soffre di una malformazione dell’arco aortico destro, che la mette ancora più in pericolo”.

Malgrado la gravità della situazione, recentemente la famiglia si è vista negare il cosiddetto “contributo caregiver”, un aiuto economico stanziato dalla Regione del Veneto che prevede un assegno mensile variabile tra i 400 e i 2.000 per chi assiste familiari non autosufficienti. “Abbiamo fatto domanda per il contributo caregiver, perché occuparci dei nostri figli è un lavoro a tempo pieno: siamo diventati gli operatori socio-sanitari dei nostri ragazzi”, prosegue Carla. “Il contributo per Bryan è stato accettato due anni fa, ma non abbiamo ancora ricevuto un centesimo. Per Noemi, invece, la richiesta è stata respinta. Ci hanno detto che la sua situazione non rientra nei criteri previsti, ma non riusciamo a capire il motivo, visto che le sue condizioni di salute sono più gravi di quelle di Bryan. Ci hanno suggerito di non fare ricorso nell’immediato, ma di attendere un paio d’anni. Intanto il tempo passa, ma la malattia non aspetta”. Eppure quel contributo sarebbe fondamentale per aiutare la famiglia a sostenere alcune delle tante spese che si trova ad affrontare. Ogni tre mesi, Noemi deve andare a Trieste per delle visite specialistiche e ogni 6-9 mesi è necessario recarsi all’Ospedale Bambino Gesù di Roma. “Treni, taxi, bed & breakfast sono tutti a carico nostro e non ci vengono rimborsati”, sottolinea la mamma. “Come non ci vengono rimborsate le spese per i numerosi esami che i nostri figli devono effettuare a pagamento, perché con il Cup i tempi sono biblici. E queste spese non possiamo neppure scaricarle nella dichiarazione dei redditi, perché per occuparci di loro io e mio marito abbiamo dovuto rinunciare al lavoro”.

Con l’arrivo di Noemi nel 2020, infatti, anche il papà ha dovuto smettere di lavorare. “Dobbiamo essere reperibili H24, anche quando i nostri figli sono a scuola”, dice Carla. “Durante l’orario scolastico può sopraggiungere qualsiasi emergenza: una crisi epilettica, una febbre improvvisa, un forte dolore. E se la scuola ci chiama, dobbiamo correre”. Senza la possibilità di lavorare, Carla e suo marito, che oltre Bryan e Noemi hanno altri tre figli, vivono soprattutto grazie all’indennità di accompagnamento. Ma le spese sono tante e i soldi non bastano mai. Ai viaggi e alle visite mediche si sommano, infatti, gli ausili di cui hanno bisogno i ragazzi. “Noemi necessita di nuovi tutori e plantari, ma li stiamo aspettando da mesi. Ha bisogno urgente anche di una nuova carrozzina: ha solo quattro anni, ma non entra più nel passeggino. Senza una carrozzina adeguata, non sappiamo proprio come faremo a portarla a Roma il prossimo marzo. A volte mi chiedo come sia possibile non capire che queste richieste sono urgenti”, conclude Carla. “I nostri figli sono qui oggi, ma domani non lo sappiamo. Siamo davvero stanchi di dove combattere anche per le cose più basilari. In fondo non chiediamo altro che il minimo indispensabile per sopravvivere con dignità”.

UNA MANCANZA DI COPERTURA NORMATIVA CHE SI FA SENTIRE

La storia di Carla e della sua famiglia è una delle tante che mettono in luce quanto la mancanza di una normativa nazionale a tutela e sostegno dei caregiver familiari possa incidere pesantemente sulla qualità di vita delle “famiglie con disabilità”.

Risalgono all’ottobre 2022 la prime proposte di legge presentate alla Camera dei Deputati dagli On. Panizzut (C. n. 114) e Serracchiani (C. n. 159) e finalizzate a definire “Disposizioni e delega al Governo per la disciplina della figura del caregiver familiare e per la promozione e il sostegno dell'attività di assistenza e di cura da esso svolta”. A queste, nel tempo, se ne sono aggiunte altre, che sono andate a comporre un’articolata trama di undici proposte, l’ultima delle quali presentata il 1 agosto 2024, attualmente al vaglio della XII Commissione Affari sociali della Camera.

La criticità maggiore legata a un iter così lungo e complesso è relativa al fatto che, in attesa della definizione e approvazione di una normativa a copertura nazionale, ogni territorio si adopera in autonomia, definendo criteri e modalità di sostegno di genitori o figli che si prendono cura di familiari con disabilità gravi e gravissime.

Nel caso di Carla, la Regione del Veneto ha introdotto, già dal 2021 (DGR 295/2021) l'attuazione degli interventi a sostegno del ruolo di cura e assistenza dei caregiver familiari, ai sensi del decreto del Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 27 ottobre 2020. La misura è stata poi più volte prorogata fino alla più recente DGRV 752/2024.

I destinatari dei sostegni sono i familiari di persone non autosufficienti, di norma ultrasessantacinquenni e in condizione di particolare vulnerabilità sociale ed economica che siano residenti in Veneto, già sottoposti a “valutazione multidimensionale” con un punteggio non inferiore a 70 e in possesso di un ISEE sociosanitario in corso di validità avente un valore non superiore a 40.000,00 euro.

Il contributo economico prevede un supporto mensile di 400,00 euro, erogato in maniera bimestrale posticipata per 12 mesi, finalizzato anche al parziale sostegno di servizi fruiti a domicilio (in forma di co-housing, in gruppi appartamenti o in appartamenti singoli, per supporto alle attività della vita quotidiana e/o supporto nelle attività di base della vita quotidiana) o in struttura, per prestazioni di residenzialità socio--sanitaria per la parte di assistenza tutelare ed alberghiera.
In attesa di un nuovo aggiornamento del bando da parte del Veneto, il termine per la richiesta di contributo per il 2024 è scaduto il 3 dicembre scorso.

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