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Talassemia, al Centro di Ferrara è attivo un PDTA

Presentato lo scorso 17 marzo, il documento è il frutto di una programmazione pluriennale che coinvolge medici e rappresentanti delle associazioni

Le talassemie formano un gruppo piuttosto diversificato di malattie, dovute all’assenza o alla ridotta produzione di una o più catene globiniche da cui sono formate le emoglobine umane. Sul piano clinico, pertanto, si ricorre a una precisa classificazione in base alla gravità della malattia che rende prioritaria l’identificazione del fenotipo e il successivo avvio del paziente al percorso di cura più adatto; ma anche la mutazione coinvolta nell’insorgenza della patologia è un parametro su cui si basa la distinzione, come pure la catena globinica coinvolta. Dall’elaborato quadro delle talassemie emerge la netta urgenza di disegnare percorsi chiari e ben definiti, a cui ricorrere per l’inquadramento della malattia e la corretta presa in carico dei pazienti.

Potrebbe essere naturale pensare che, in quanto rare, le talassemie riguardino una nicchia ristretta di persone ma nel corso dell’evento “Il modello di governance del paziente con Beta-Talassemia tra strategie terapeutiche ed organizzative”, svoltosi alcune settimane fa all’Arcispedale S. Anna di Cona (Ferrara), gli specialisti hanno fatto sapere come i numeri smentiscano l’idea che le talassemie siano malattie “per pochi”. Infatti, le statistiche esposte dalla dottoressa Filomena Longo, Direttrice del Day Hospital delle Talassemie ed Emoglobinopatie (DHTE) presso il polo ospedaliero ferrarese, in apertura dell’evento di presentazione di un Percorso Diagnostico Terapeutico Avanzato (PDTA) sulle talassemie, parlano di un totale di oltre mille pazienti distribuiti nella rete Hub & Spoke dell’Emilia Romagna: la maggior parte di essi ha una diagnosi di talassemia major, ma un numero non trascurabile è affetto da drepanocitosi e dalla forma intermedia di talassemia.

Una lettera alla direzione della rivista Haematologica scritta da un gruppo di ematologi italiani spiega che la distribuzione geografica dei pazienti affetti da emoglobinopatie - in special modo talassemie e anemia falciforme - è profondamente cambiata rispetto ai decenni scorsi, complici anche gli spostamenti e i flussi migratori che stanno investendo il nostro Paese. La realtà territoriale di queste patologie rare si sta dunque trasformando e a questo mutamento deve corrispondere un adattamento nella gestione dei malati e delle complicanze.

Il modello Hub & Spoke consente di concentrare le attività complesse presso i centri di riferimento, assicurando uniformità assistenziale e garantendo l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti erogati; inoltre, rappresenta la modalità più efficiente per fare in maniera che il malato riceve le cure nelle strutture più prossime al proprio domicilio, riducendo i rimpalli burocratici che spesso costringono i pazienti a spostarsi come pendoli da un ospedale all’altro e limitando i cosiddetti “viaggi della speranza”, che molti iniziano pur di arrivare a una cura. Stabilire una Rete di centri con percorsi di diagnosi e trattamento definiti è un passo avanti nella direzione di una miglior qualità assistenziale e di una ottimizzazione delle risorse pubbliche. Specialmente quando i trattamenti da erogare sono complessi, come la terapia genica che rimane un obiettivo per un buon gruppo di pazienti con talassemia. “La diagnosi e il trattamento delle emoglobinopatie devono esser realizzate in un contesto di multidisciplinarietà”, sottolinea la dott.ssa Longo prendendo la parola e fissando l’entità del problema: così i numeri delle emoglobinopatie si raccordano con quelli presentati dalla dott.ssa Olga Sofritti, relativi alla casistica in trattamento presso il DHTE che fanno registrare un aumento dei casi (504 in totale, 42 e 23 in più rispetto al 2022, rispettivamente di talassemia trasfusione-dipendente e anemia falciforme).

Un PDTA dedicato alle emoglobinopatie trova la sua prima ragione nel volume di malati a cui si rivolge e che potrebbero beneficiarne e poi nella complessità della malattia, la quale presenta non poche complicanze sul lungo periodo. Fino a qualche tempo fa, infatti, la talassemia era considerata una condizione pediatrica a prognosi chiusa che, in assenza di trasfusioni, era pressoché incompatibile con il raggiungimento dell’età avanzata. Le trasfusioni hanno aumentato le probabilità di sopravvivere dei malati, ma il vero salto di qualità è avvenuto negli anni Settanta con l’introduzione dei farmaci in grado di “chelare” il ferro in eccesso in seguito alle trasfusioni stesse. Le curve di sopravvivenza si sono alzate, portando l’aspettativa di vita dei malati quasi al livello di quelle della popolazione generale, e si mantengono tali (a patto che i pazienti siano inseriti in un contesto di cure appropriate).

Purtroppo, la situazione cambia guardando alla pagina delle complicanze: sia quanti sono già avanti con gli anni che i più giovani rischiano di sperimentarne gli effetti. Ipertensione polmonare, fenomeni di trombo-embolia, problematiche cardiache, diabete e osteoporosi, la lista è lunga e comprende disturbi tipici dell’età avanzata - ad esempio il cancro - corrispondenti a quelli di una popolazione che invecchia. “In una patologia cronica gli obiettivi ideali da raggiungere sono la sopravvivenza generale, la sopravvivenza libera da complicanze e una qualità di vita accettabile”, dichiara Longo. Nel caso delle emoglobinopatie, e della talassemia trasfusione dipendente in modo specifico, si sta cercando di fare tutto ciò, prevenendo le complicanze e offrendo a tutti una miglior qualità di vita.

Per fare ciò serve un PDTA, cioè un programma di lavoro senza interruzione, che si modella nel corso del tempo, si adatta a uno scenario in costante evoluzione ma che ha anche il pregio di coinvolgere tutti i medici e i professionisti implicati nella gestione di una patologia, compresi i medici di medicina generale, un essenziale snodo per indirizzare i pazienti verso i centri specialistici dove poter accedere a tutti i trattamenti disponibili, nell’ottica di un approccio sempre più personalizzato.

GRANDE ATTESA DA PARTE DEI PAZIENTI PER LE TERAPIE DI NUOVA GENERAZIONE

Tra le terapie che dovrebbero rendersi presto disponibili ci sono gli attivatori allosterici della piruvato chinasi, che agiscono formando un legame con questo enzima “attivandolo”, cioè innalzandone i livelli di attività allo scopo di far crescere la produzione di adenosina trifosfato (ATP) - la principale fonte di energia per le cellule - e migliorare di conseguenza l’omeostasi energetica del globulo rosso. Già approvati per il deficit di piruvato chinasi, questi farmaci si stanno testando ora in diversi trial clinici dedicati ai pazienti talassemici (sia con alfa-talassemia che con beta-talassemia) e i risultati più recenti delle sperimentazioni di Fase III ne hanno dimostrato sia la sicurezza che l’efficacia. I trial clinici condotti sul mitapivat hanno dimostrato la riduzione di oltre il 50% del fabbisogno trasfusionale, il che significa ridurre della metà il bisogno di trasfusioni. (Per saperne di più clicca qui).

Un PDTA è dunque fondamentale per poter accedere anche alle nuove terapie che potrebbero essere approvate a breve. Consideriamo inoltre che nel prossimo futuro potrebbe rendersi disponibile anche una terapia basata sull’editing del genoma. Parliamo di exagamglogene autotemcel (exa-cel) per la beta-talassemia che determina un aumento del livello di emoglobina fetale, agendo sul gene che normalmente ne spegne la produzione dopo la nascita. Sarebbe un’opportunità per sganciarsi dalle trasfusioni nel caso dei pazienti dipendenti dalle trasfusioni. Una terapia di questo tipo è un viaggio impegnativo, con criteri di selezione stretti (secondo le stime di una Survey regionale, in Emilia Romagna circa il 5% tra tutti quelli con talassemia trasfusione-dipendente e con drepanocitosi potrebbe beneficiarne). Per poter affrontare una sfida di queste proporzioni serve organizzazione e occorre pianificare ogni passaggio nel dettaglio, calcolando le risorse necessarie per affrontarlo come si deve. Serve perciò un PDTA collaudato ed efficiente, come quello da oggi attivo al DHTE di Ferrara.

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