La video-intervista a Valeria Sansone, Professore Ordinario di Neurologia presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore Clinico-Scientifico del Centro NeMO di Milano
“Lo screening neonatale per l'atrofia muscolare spinale (SMA) è fondamentale perché abbiamo evidenza, sia dagli studi clinici randomizzati che dall'esperienza real world, che in assenza ancora di sintomi manifesti l'effetto delle terapie è assolutamente impressionante: oggi, infatti, i piccoli pazienti possono non sviluppare segni e sintomi di una patologia che prima dell'avvento delle terapie, purtroppo, nelle forme più gravi accompagnava questi bimbi alla morte”, ha spiegato Valeria Sansone, Professore Ordinario di Neurologia presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore Clinico-Scientifico del Centro NeMO di Milano, nel corso dell’evento “Il percorso della rarità: dalle sfide alle soluzioni”, che si è svolto lo scorso 5 novembre a Roma, nella Sala del Camino di Palazzo Baldassini.
Il sospetto diagnostico, l’accesso alla diagnosi, l’importanza di una presa in carico olistica con la corretta transizione dal pediatrico all’adulto: sono solo alcuni dei temi che sono stati trattati e approfonditi durante l'incontro, strutturato in tre tavole rotonde, organizzato da Biogen Italia con la media partnership di OMaR – Osservatorio Malattie Rare.
“Direi che non c'è da discutere sull'importanza dello screening neonatale: trovo assurdo che in Italia ci siano ancora dei bambini di serie B che non hanno questo diritto perché nascono in Regioni dove lo screening neonatale non è stato introdotto”, sottolinea la prof.ssa Sansone (clicca qui o sull'immagine dell'articolo per guardare la video-intervista).
“C'è poi il tema della transizione: oggi, per fortuna, questi bambini crescono e hanno la possibilità di sviluppare degli interessi e delle speranze in un futuro fatto di scuola, di lavoro e di famiglia”, prosegue la neurologa. “Questo è possibile se la conoscenza della patologia viene trasmessa anche ai professionisti dell'età adulta, i quali, prima dell’avvento delle nuove terapie, non avevano grande familiarità con la SMA, ritenuta, fino a qualche anno fa, cronica e con poche possibilità di sviluppo. Oggi, per gli adolescenti e giovani adulti che crescono, la comunicazione tra il comparto pediatrico e adulto deve avvenire precocemente, per aiutarli a essere sempre più autonomi e capaci di autodeterminarsi. Nei Centri NeMO questo processo è facilitato grazie ad un modello che vede entrambi i comparti lavorare insieme nella stessa struttura. Ma anche laddove non è così, è possibile impostare questo percorso con una standardizzazione dei processi, sulla base delle raccomandazioni di cura condivise e riconosciute”.
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