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È solo una delle tante attività dell’associazione di riferimento: c’è già una canzone per loro, un film in preparazione e l’appuntamento ormai vicino con la giornata nazionale

Si chiama ‘Il filo d’Arianna, progetto di ricerca formazione e azione’ ed è un programma ideato qualche anno fa dal Dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna guidato dal prof. Nicola Cuomo. Grazie ad una intesa che è stata prontamente trovata con l’Associazione Italiana Sindrome X Fragile, presieduta da Donatella Bertelli, oggi quel progetto è tagliato in maniera particolare su bambini e ragazzi affetti da questa malattia legata al cromosoma X e caratterizzata da ritardo cognitivo. “L’obiettivo del progetto – ci spiega Franco Bonsignori, presidente della sezione Lazio dell’Associazione Italiana Sindrome x Fragile – è quello di formare degli operatori sociali in grado di essere per il ragazzo affetto da X Fragile, o altre simili patologie con deficit cognitivo, l’equivalente che per gli altri ragazzi hanno gli amici o il gruppo dei pari, dei coetanei".

"Ad esempio - prosegue - l’operatore formato con questa ottica, che noi chiamiamo ‘operatore amico’,  è capace di guidare i bambini e i ragazzi nell’organizzazione di una pizza in compagnia, di un torneo di calcetto, è capace di dare loro delle piccole indicazioni e regole che potranno usare per il resto della vita e al tempo stesso permettergli di fare esperienze che altrimenti sarebbero difficili. Il corso che abbiamo fatto a fine settembre a Roma ha avuto davvero molto successo, i partecipanti sono stati più di 50 provenienti da tutta Italia, e questi ci fa anche sperare in una partecipazione sempre crescente”. Agli incontri che si sono svolti nella Capitale ha preso parte la professoressa Alice Imola, del dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna e stretta collaboratrice del Prof. Cuomo in questo progetto.    

Il progetto è solo una delle testimonianze della capacità dell’Associazione Italiana Sindrome X Fragile di raccogliere intorno a sé consensi e collaborazioni. Un altro esempio tangibile si chiama si chiama ‘C’era una volta un reè una delle canzoni dell’album 'Il Cantacronache del cantautore romano Luca Bussoletti.
È una canzone che parla di una fantasia dalle ali spiegate, quelle di un bambino, che però gli altri guardano strano. È stata scritta pensando a dei bambini speciali, quello affetti dalla Sindrome della X Fragile.
L’Album è uscito all’inizio dell’estate ed è anche stato distribuito in allegato con Il Fatto Quotidiano, “questo – racconta Bonsignori - grazie all’intuito ed allo spirito d’iniziativa di una sola socia, oltreché alla generosità, tipica peraltro dei grandi artisti, dello stesso Luca”.

Per sensibilizzare di più su questa malattia l’associazione sta anche lavorando ad un docufilm, un progetto molto interessante – anche alla luce dello spazio sempre più ampio che le patologie rare stanno conquistando nel cinema – ma che al momento è fermo per mancanza di fondi. Gli attori, registi e tecnici che vi prenderanno parte hanno infatti dato gratuitamente la loro disponibilità ma servono comunque quel minimo di fondi per poter coprire le spese vive.
A breve per l’Associazione c’è un altro grande e importante appuntamento: il 18 novembre prossimo si celebra, infatti, la giornata europea dell’X Fragile e per l’occasione si vorrebbero realizzare degli eventi in grado di coinvolgere molte persone, un sforzo notevole considerando che tutti sono volontari e che si tratta per lo più di madri e padri che hanno figli affetti dalla sindrome dell’X fragile. Ma la convinzione che tutto questo darsi da fare potrà portare un giorno a una società più organizzata e accogliente per i loro figli, a servizi migliori sia dal punto di vista sanitario che sociale, è una molla che dà una spinta molto forte e i risultati si vedono.
“Il gruppo romano - aggiunge ancora monsignori - sta dimostrando soprattutto di voler reagire alla rassegnazione, tentando anche nuove strade: quelle che si potrà o si avrà il coraggio di percorre per combattere l’appiattimento, ad esempio, del lavoro protetto (per i fortunati che ce l’hanno) e dell’assistenza comunale (quando c’è); e anche, diciamolo, una certa apatia strisciante tra le tante famiglie romane coinvolte dalle sofferenze legate alla sindrome. La rassegnazione - ripete Bonsignori - è il nostro peggior nemico: non ci può e non ci deve bastare una finta normalità per i nostri ragazzi e anche per le nostre ragazze, quel tranquillo conformismo esaltato scorrettamente (o forse addirittura empiamente) da qualche ottuso terapeuta o da qualche religioso. Anche loro – e noi con loro – hanno diritto di lottare per realizzare una palpabile felicità”.

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