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Meyer, il team di ortopedia pediatrica

Necessari 4 interventi chirurgici, eseguiti all'ospedale Meyer. Il prof. Giovanni Beltrami: “Ogni paziente deve avere un trattamento personalizzato, proporzionale all'età e alla gravità della malattia”

Firenze – Per tutta la vita è riuscito a muoversi solo gattonando, ma ora, a undici anni, per la prima volta ha provato la gioia di camminare. Protagonista un piccolo paziente, che grazie al lavoro di squadra dei medici del Meyer, dopo quattro interventi chirurgici e un lungo percorso di riabilitazione, ha finalmente potuto muovere i primi passi, anche se, almeno per ora, con l’aiuto delle stampelle. Quando i genitori del bimbo si sono rivolti all’Ortopedia Pediatrica dell’AOU Meyer IRCCS, il bambino aveva appena avuto l'ennesima frattura della diafisi del femore (l'osso della coscia). La diagnosi è arrivata dopo una serie di indagini e approfondimenti che hanno visto coinvolti gli endocrinologi e i genetisti del pediatrico fiorentino.

Il bambino soffre di una forma molto severa di osteogenesi imperfetta, una malattia che fa parte di una famiglia di patologie genetiche e che comporta un difetto del collagene. Nei casi più gravi, provoca un'importante fragilità ossea e per questo comunemente è chiamata “la malattia delle ossa di vetro”. Le gambe del piccolo erano fratturate in modo patologico e le molteplici fratture avevano portato negli anni a una grave deformità con una curvatura a forma di sciabola sia delle cosce che delle gambe: di qui l’impossibilità di muoversi in posizione eretta. Una volta arrivata la diagnosi, è cominciato un lungo periodo di ricovero: a seguire il caso, passo dopo passo, è stata l’équipe di Ortopedia e Traumatologia pediatrica diretta dal prof. Giovanni Beltrami.

“I quattro interventi chirurgici che il paziente ha dovuto affrontare – dei quali i primi due, i più importanti, avevano l'obiettivo di allineare i femori e le tibie – si sono svolti in un tempo complessivo di 18 mesi”, spiega Beltrami. “Nel nostro Centro trattiamo diversi tipi di malattie ortopediche (genetiche, metaboliche, oncologiche), spesso rare, ma certamente non è comune vedere un bambino di quell'età che gattona. Perciò abbiamo deciso di intervenire in modo multidisciplinare, pianificando la stadiazione, l'approccio medico e quello chirurgico”.

Una angiotac agli arti inferiori ha permesso agli ortopedici di studiare il caso in modo approfondito. E prima di affrontare la lunga serie di interventi necessari per tentare di risolvere la situazione, i chirurghi si sono “allenati” utilizzando i modelli a grandezza naturale delle ossa deformi del bambino, ottenuti grazie alla stampa 3D del laboratorio congiunto T3Ddy del quale sono responsabili la prof.ssa Monica Carfagni per l'Università degli Studi di Firenze e l’ingegner Kathleen McGreevy per il Meyer. Grazie a queste simulazioni, i chirurghi (Giuseppe Cucca, responsabile dell'Ortopedia Pediatrica, Simone Lazzeri e Alessandro Zanardi) sono riusciti a programmare una serie di osteotomie, cioè di tagli mirati dell’osso, che hanno eliminato la curvatura e hanno permesso di raddrizzare gli arti inferiori. Fondamentale l’utilizzo di chiodi telescopici capaci di “allungarsi” e accompagnare la crescita fisiologica del piccolo paziente, mantenendo allo stesso tempo una “protezione interna” all'osso.

“L'approccio che abbiamo scelto non può essere utilizzato su tutti i pazienti affetti da osteogenesi imperfetta: dipende molto dal quadro genetico, da quello fenotipico e dall'età”, specifica il prof. Beltrami. “Il beneficio della chirurgia ortopedica può estendersi anche agli adulti, ma ogni caso è specifico. Il ragazzo di cui parliamo è affetto dal tipo 3: le sue ossa sono ancora in crescita, perciò abbiamo utilizzato dei chiodi telescopici (che saranno poi sostituiti) per assecondarla. Siamo fiduciosi che nel tempo possa iniziare a camminare anche senza le stampelle – conclude il chirurgo – ma dovrà comunque essere seguito per tutta la vita, con un supporto metabolico, una presa in carico globale e interventi chirurgici successivi”.

Fondamentale è stato anche il percorso fatto presso il reparto di riabilitazione pediatrica ad alta specializzazione del Centro IRCCS Don Carlo Gnocchi di Firenze, dove l’équipe coordinata dalla dr.ssa Giovanna Cristella, fisiatra dell’età evolutiva, ha individuato la strategia più efficace per consentire al piccolo di spostarsi sulle proprie gambe, attraverso il lavoro dei fisioterapisti e la predisposizione di tutori e ausili. Altrettanto importante l’individuazione di una cura appropriata per impedire l’avanzamento della patologia. Continuerà quindi il suo percorso medico presso l'Auxoendocrinologia del Meyer, diretta dal prof. Stefano Stagi, da cui era già seguito fin dall’inizio, per effettuare le terapie specifiche.

 

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