La patologia compromette la motilità degli arti ed è progressiva, ma non porta alla morte
Di neuropatia motoria multifocale (MMN) non si muore. E’ l’importante messaggio che Eduardo Nobile Orazio, neurologo dell’IRCCS Humanitas e professore ordinario di neurologia all’Università degli Studi di Milano, vuole diffondere insieme a CIDP Italia Onlus (Associazione Italiana dei pazienti con Neuropatie Disimmuni) all’indomani della morte del famoso direttore d’orchestra e pianista Ezio Bosso, avvenuta il 15 maggio a causa di una malattia neurodegenerativa non nota. Alcune testate, infatti, hanno imputato il suo decesso alla MMN, una rara patologia autoimmune che però non è fatale.
Spiega Massimo Marra, presidente di CIDP Onlus: “Dopo la comparsa di un articolo che indica la neuropatia motoria multifocale come causa della morte di Ezio Bosso, abbiamo ricevuto molte chiamate preoccupate da parte dei pazienti. Associare il nome di questa malattia a quello di un personaggio famoso crea una certa risonanza e può veicolare un messaggio assolutamente fuorviante, creando un allarmismo ingiustificato”.
Della stessa opinione è il prof. Nobile Orazio: “Dire che Ezio Bosso è deceduto a causa della neuropatia motoria multifocale senza alcuna evidenza a supporto, senza basarsi su una diagnosi certa e senza riportare la fonte di tale ipotesi è errato, nonché estremamente pericoloso. Per lo stesso motivo, non essendo il suo medico curante, non posso sbilanciarmi o ipotizzare la patologia di cui fosse affetto, non sarebbe né etico, né professionale, specie per il fatto che lui stesso non ha mai reso pubblico il nome della sua malattia”.
“La neuropatia motoria multifocale - spiega l’esperto - è stata descritta per la prima volta alla fine degli anni ’80, colpisce un individuo su 100mila, con una prevalenza dello 0,5%. È caratterizzata da una compromissione asimmetrica degli arti superiori (più raramente colpisce anche gli arti inferiori) ed è legata ad un danno delle fibre motorie, ma non sui nervi sensitivi. Ha un andamento lento, progressivo, che compromette la motilità dell’individuo ma che non porta alla morte. Infatti, al contrario delle malattie del motoneurone come la SLA o l’atrofia muscolare spinale (SMA), non porta alla degenerazione del midollo spinale o del cervello e non ha un interessamento dei nervi respiratori”.
“La patologia - continua il prof. Orazio - è causata da un’aggressione del sistema immunitario contro i nervi motori che causa la loro disfunzione, infatti nei pazienti si riscontra un’elevata presenza di titoli anticorpali anti-GM1. Nel 90% dei casi, la progressione è trattata con successo attraverso la terapia con immunoglobuline ad alte dosi, per via endovenosa. Sono 20-30 anni che seguiamo numerosi pazienti, che nel frattempo vivono la loro vita, bloccando o rallentando la progressione della malattia attraverso queste infusioni che avvengono ogni 3-6 settimane e che a volte si autosomministrano sottocute. Chi è affetto da questa malattia soffre di un progressivo indebolimento muscolare: una sintomatologia clinica piuttosto simile alla SLA (sclerosi laterale amiotrofica), con la quale può purtroppo essere confusa. A differenza della SLA però, la funzione motoria nella MMN diminuisce molto più lentamente e soprattutto, non porta alla morte, che di solito avviene per altre cause o patologie, ad esempio tumori o incidenti. La SLA, inoltre, interessa anche i nervi della lingua e quelli respiratori, portando dunque alla morte per insufficienza respiratoria. La diagnosi di MMN viene confermata tramite elettromiografia con uno studio delle conduzioni dei nervi (che sottolinea il danno focale dei nervi motori ma non di quelli sensitivi), distinguendola così dalla SLA. Nel 50% dei casi, la presenza di anticorpi non specifici ne conferma la diagnosi”.
“Pertanto - conclude il prof. Nobile Orazio - voglio rassicurare i pazienti: di MMN nessuno finora è mai morto. Quello che si legge in Internet va sempre verificato con il proprio medico specialista curante, soprattutto quando si tratta di argomenti delicati come la diagnosi di una patologia. In Italia abbiamo ben 27 centri specializzati ai quali rivolgersi”.