Sul sito della LIRH il messaggio di speranza di Paola, madre di una giovane paziente
Nel biglietto d’auguri che la fondazione LIRH (Lega italiana Ricerca Huntington) ha diffuso lo scorso 10 maggio, in occasione della Festa della Mamma, si legge che “per pronunciare la parola MAMMA, la bocca bacia due volte”, un messaggio che celebra il profondo amore con cui tante madri, come Paola, si prendono quotidianamente cura dei loro figli toccati dalla malattia di Huntington.
Uno dei sintomi di questa rara patologia degenerativa è proprio la disartria, un disturbo del linguaggio che rende difficoltoso, per i pazienti, pronunciare le sillabe che compongono una parola. E questa è solo una delle tante manifestazioni dell’Huntington, per la quale non esiste ancora una cura specifica ma solo trattamenti sintomatici, e un percorso di assistenza che comprende anche gli esperti del linguaggio.
Se l’impatto più grande di una condizione come l’Huntington riguarda logicamente i pazienti, non bisogna dimenticare che, specie nella malattia pediatrica, anche i loro genitori ne subiscono duramente i colpi. In questi casi la parola - o meglio il racconto - può diventare uno strumento catartico: un mezzo di condivisione del proprio vissuto, a testimonianza di quanta forza occorra per affrontare le difficoltà che si celano dietro la scoperta di una patologia così dura.
Per questo motivo Paola, madre di una ragazza con malattia di Huntington, ha deciso di riportare la propria storia sul sito della LIRH in occasione della Festa della Mamma, spiegando di aver festeggiato 27 volte questa ricorrenza e di conservare nel cuore il biglietto con cui la figlia le faceva sapere che è “la migliore mamma” che potesse avere.
La donna racconta l’orgoglio provato nel vedere crescere la sua bambina e nel vederla prodursi brillantemente in attività sportive come lo sci, per le quali la stessa Paola ammette di essere sempre stata negata. Poi, con l’arrivo dell’adolescenza, ecco sorgere i primi problemi: i segni iniziali della malattia, l’insinuarsi del sospetto di qualcosa di grave, la sensazione di smarrimento e di vuoto provata con la diagnosi, fino al momento in cui è stato possibile afferrare la cima di “un filo sottile”, al quale aggrapparsi con tutte le forze per inerpicarsi in una sola direzione, verso l’alto. Una risalita lenta e difficile, sempre gravata dal peso della malattia.
Paola, nel suo racconto, parla di un “gioco a scacchi” con l’Huntington la cui posta in palio è il tempo: la risorsa più importante, quella che ha permesso a lei e sua figlia di conquistare momenti indimenticabili, di viaggiare, sorridere e vivere occasioni di festa insieme, quasi irridendo la malattia e le sue manifestazioni che, come le crisi epilettiche, possono spaventare ed essere pericolose, ma che, con il giusto approccio, possono anche essere affrontate e di volta in volta sconfitte.
In questo modo, Paola e sua figlia sono cresciute insieme, la prima divenendo una ‘nuova mamma’, e la seconda un’adolescente delicata e leggera, una farfalla colorata e radiosa capace di respingere il grigiore della malattia.