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Tutti insieme siamo più forti e possiamo sconfiggere il pregiudizio e lo stigma della vergogna che affossa chi si trova, sia perché paziente sia come familiare, a vivere questa condizione di difficoltà e di sofferenza”: sono queste le parole di Marco Salvadori in apertura della HD-on the bike, una pedalata di 20 km tra i parchi fiorentini per sensibilizzare sulla malattia di Huntington. L’evento, organizzato da NOI Huntington, l’associazione italiana giovanile sulla malattia di Huntington insieme all’associazione LIRH Toscana e alla Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington e sotto l’ombrello della European Huntington Association (EHA), è inserito in una due giorni con un fitto programma che ha incluso anche un pranzo condiviso e un open day con medici specialisti.

“HD-on the bike è un’iniziativa di due giorni di sensibilizzazione in cui invitiamo tutta la cittadinanza a unirsi alla nostra battaglia contro il mostro della malattia di Huntigton, che non è un mostro che si può sconfiggere soltanto attraverso la ricerca ma con la partecipazione alla società civile”, ha sottolineato Marco Salvadori, presidente Associazione Noi Huntington.

Bisogna innanzitutto combattere lo stigma verso la patologia che si crea nel momento in cui non la si conosce, nel momento in cui vedendo un ragazzo con movimenti incontrollati e scattosi si ha paura anche ad avvicinarsi. E’ solo la conoscenza e la diffusione della stessa che potrà permettere di far togliere la maschera a molti pazienti. “Non bisogna mai vergognarsi di essere malati o di essere a rischio di qualche malattia genetica importante come questa; è quindi importante attraverso vari strumenti, anche una biciclettata o un pranzo condiviso, dare spazio e voce ai malati e ai loro familiari”, ha evidenziato Roberta Garofalo della Lega Italiana Ricerca Huntigton (LIRH).

“Mia madre è morta quando avevo 10 anni e non l’ho mai conosciuta sana, l’ho vista perdere progressivamente le sue capacità cognitive, le sue capacità di movimento perché uno dei sintomi più noti di questa patologia, che gli ha dato anche il nome scientifico, è la “corea” che sta per movimento incontrollato involontario”, ha aggiunto Salvadori. “La malattia e la morte di mia madre è stata una esperienza forte ma anche una delle più belle della mia vita - ha proseguito Salvadori - I ricordi di sofferenza sono legati soprattutto alla sua emarginazione sociale perché le persone non capisco quanto sta succedendo. Mia madre è stata emarginata anche a livello lavorativo e ha dovuto smettere di lavorare perché non era nella condizione di essere autonoma. A casa aveva necessità di assistenza e noi figli ci prendevamo cura di lei; questa è stata un’altra delle sofferenze che abbiamo attraversato perché avevamo bisogno noi di cure per crescere e diventare persone adulte ma lei aveva più bisogno di noi. Ci siamo attrezzati in tutti i modi, da aiutarla a mangiare a pulirla quando ce ne era bisogno”.

Vivere con un familiare con la malattia di Huntigton è sicuramente difficile; è una situazione pesante da un punto di vista emotivo e fisico perché la cura di un paziente con questa patologia richiede tanti tipi di interventi, anche a livello normativo e burocratico, ma soprattutto impatta molto a livello affettivo ed emotivo. Essendo una malattia ereditaria, e quindi con la possibilità che i figli di una persona malata ereditino la malattia, si vive perennemente in uno stato di ansia e di allerta perché la malattia può manifestarsi all’improvviso”, ha spiegato Garofalo.

“Stiamo parlando di una malattia molto grave che preoccupa le famiglie e le colpisce; la loro speranza è di arrivare a una prevenzione per questa malattia oltre che una cura. Stanno venendo fuori delle grandi novità sul piano scientifico e diventa importante collegare la ricerca con la clinica, ma anche con chi soffre per questa malattia”, ha precisato il prof. Ferdinando Squitieri, Responsabile Unità Huntington e malattie rare IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza; Responsabile scientifico Fondazione LIRH, Lega Italiana per la Ricerca sull’Huntington.

La pioggia non ha infatti fermato parenti ed amici motivati ma anche gente che è confluita alla manifestazione per saperne di più. “Eventi come questo uniscono, e l’unione fa la forza; avere un’associazione come la LIRH che ci sostiene e ci da la forza e la speranza di una cura futura aggiornandoci sempre sulle nuove ricerche, rende la vita quotidiana meno pesante. La LIRH è un grande punto di riferimento e in queste giornate possiamo farla conoscere in modo che persone che devono affrontare l’Huntington non si sentano più sole”, ha concluso Garofalo.

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