La nuova terapia enzimatica rappresenta il primo trattamento approvato nel nostro Paese per i pazienti affetti dalla patologia
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato l’uso di asfotase alfa (nome commerciale Strensiq), una terapia enzimatica sostitutiva a lungo termine indicata per il trattamento dei pazienti affetti da ipofosfatasia (HPP) ad esordio pediatrico. La rimborsabilità del farmaco è prevista nel caso in cui l’HPP insorga entro i sei mesi di età o quando la malattia, pur avendo un esordio pediatrico più tardivo (a partire dai 6 mesi di età), si manifesti in forma severa.
L’ipofosfatasia (HPP) è una rara patologia ereditaria, metabolica e sistemica, causata da una carenza di attività della fosfatasi alcalina (ALP), un enzima coinvolto nello sviluppo delle ossa e nelle funzioni del sistema muscolare e nervoso. L’HPP colpisce persone di tutte le età e può portare ad anomalie scheletriche e ad altre problematiche. Spesso l’ipofosfatasia non viene diagnosticata, o viene diagnosticata in modo errato o tardivo, perché i sintomi che presenta sono assai variabili e non specifici: nei bambini i segni distintivi della malattia includono perdita prematura dei denti decidui, deformità scheletriche, ritardo nel camminare e rachitismo, mentre negli adulti comprendono fratture (specialmente al femore e alle ossa del piede), pseudofratture, dolore muscoloscheletrico, affaticamento, anomalie dentali e difficoltà di deambulazione.
L’approvazione di asfotase alfa da parte dell’AIFA si basa sui risultati di quattro studi clinici, e delle loro rispettive fasi di estensione, da cui è emerso che i pazienti pediatrici con HPP trattati con il farmaco hanno ottenuto miglioramenti rapidi e duraturi nella mineralizzazione ossea, misurati mediante le apposite scale di punteggio RGI-C (Radiographic Global Impression of Change) e RSS (Rickets Severity Score). Inoltre, nei pazienti adulti e pediatrici che hanno partecipato agli studi sono stati osservati, a partire dai 6 mesi di trattamento con asfotase alfa, miglioramenti continuativi in termini di dolore, disabilità, forza, agilità e mobilità.
“L’ipofosfatasia è una malattia con un grave impatto sulla vita delle persone che ne sono colpite”, spiega la Prof.ssa Maria Luisa Brandi, Presidente della Fondazione FIRMO (Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell'Osso). “È caratterizzata dalla riduzione della fosfatasi alcalina non specifica, causata da mutazioni del gene che permette la sintesi di questa proteina presente nell’osso e portando a un deficit di mineralizzazione ossea che, nelle forme più severe, può portare a danni progressivi a più organi vitali. Può manifestarsi già in epoca prenatale e alla nascita nelle forme più severe, o nei primi sei mesi di vita. Tuttavia, la malattia può manifestarsi anche successivamente e può non essere riconosciuta e diagnosticata in modo appropriato. Esistono infatti numerose varianti e ogni paziente sviluppa la malattia in forma diversa, pur all’interno di un quadro comune che vede, ad esempio, fratture atraumatiche delle ossa lunghe, dentizione anomala e dolore. Altri sintomi sono difficoltà motorie, debolezza muscolare, insonnia, ansia e depressione e disturbi respiratori, tutte manifestazioni aspecifiche che rischiano di essere scambiate per altri problemi di salute, causando quindi un ritardo diagnostico significativo, soprattutto tra gli adulti”.
“L'ipofosfatasia nel bambino è una malattia con ripercussioni rilevanti per l’intero nucleo familiare. Senza un trattamento, le famiglie già nei primi anni di vita possono affrontare problematiche legate allo sviluppo, alla crescita armonica e alla mobilità”, aggiunge il Dott. Marco Pitea, Dipartimento di Pediatria, IRCCS Ospedale S. Raffaele. “Nel neonato possono presentarsi sintomi anche gravi con rischio di mortalità e morbilità elevato. Nel bambino ci possono essere complicanze severe come deformità ossee marcate, ritardo nelle tappe di sviluppo motorio e aumentato rischio di craniostenosi con possibili conseguenze neurologiche. La rimborsabilità di asfotase alfa rappresenta un importante passo avanti per i pazienti e le loro famiglie e dà a noi medici la possibilità di offrire un trattamento efficace e sicuro a una più ampia popolazione di pazienti”.
L’Associazione Pazienti Ipofosfatasia (API) ha accolto con grande entusiasmo la decisione dell’AIFA su asfotase alfa. “Oggi è un momento decisivo per la comunità dell’HPP, che dispone per la prima volta di una terapia approvata e rimborsata”, commenta Luisa Nico, Presidente API. “L’ipofosfatasia è una malattia con un impatto devastante sulla qualità della vita e il nostro impegno sarà ancora maggiore per aumentare la conoscenza di questa patologia rara, e per ottenere una diagnosi precoce e più tempestiva ora che abbiamo a disposizione un trattamento efficace”.
“Essere a fianco delle persone che convivono con una malattia rara e dei loro caregiver è parte della nostra missione ed è con grande orgoglio che oggi annunciamo un traguardo fondamentale per la comunità dell’ipofosfatasia in Italia, che avrà finalmente a disposizione un trattamento efficace”, afferma Federica Sottana, Senior Country Medical Director di Alexion, AstraZeneca Rare Disease, la casa farmaceutica produttrice di asfotase alfa. “Come azienda siamo impegnati nella ricerca e sviluppo di terapie innovative per le persone con malattie rare. Continueremo a lavorare al fianco di medici, associazioni di pazienti e istituzioni, consapevoli che è solo attraverso un approccio collaborativo e di sistema che potremo raggiungere il nostro obiettivo”.