La malattia si è dimostrata molto eterogenea: riconoscere la sovrapposizione con la forma eterozigote è importante per la gestione clinica del paziente
L'ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFH) è stata classicamente definita come una malattia metabolica devastante che colpisce di solito 1 soggetto su 1.000.000 ed è caratterizzata da livelli plasmatici estremamente elevati di colesterolo LDL. Questo porta allo sviluppo precoce di xantomi tendinei e cutanei, aterosclerosi sistemica e malattie cardiache alla valvola aortica e sovra-aortica. Di conseguenza, è associata a un rischio relativo di insorgenza di malattia cardiovascolare aterosclerotica 100 volte maggiore in confronto agli individui normolipidemici. La HoFH è stata anche descritta come una malattia dei giovani, dal momento che molti, specialmente quelli con mutazioni nulle nel recettore LDL potrebbero non sopravvivere al primo evento di malattia cardiovascolare aterosclerotica.
Questi eventi si verificano di solito nei primi due decenni di vita: i dati provenienti da una storica coorte sudafricana mostrano che la terapia ipolipemizzante principalmente a base di statine ed ezetimibe associati o meno con sequestranti degli acidi biliari o niacina, hanno rinviato l'età del primo evento da circa 13 a 28 anni di età. All'età di 40 anni, il 90% dei soggetti aveva presentato un evento di malattia cardiovascolare aterosclerotica. A causa del carattere devastante della malattia, i pazienti omozigoti sono candidati all'aferesi delle lipoproteine o all'uso di terapie farmacologiche estremamente costose e non così ben tollerate come la lomitapide, un inibitore della proteina di trasferimento microsomiale dei trigliceridi, o il mipomersen, un oligonucleotide antisenso che riduce la sintesi dell'apolipoproteina B. Recentemente l'evolocumab, un anticorpo monoclonale che si lega alla proproteina convertasi subtisilina/kexina di tipo 9 (PCSK9) è stato approvato per il trattamento dell'HoFH, ma con limitata efficacia. In alternativa, il trapianto di fegato è l'ultima risorsa che può essere utilizzata per il trattamento di questi pazienti.
Tuttavia, l'avvento del sequenziamento genico di nuova generazione (NGS) e l'interesse a trovare sia pazienti omozigoti che eterozigoti per partecipare a studi clinici per i più che benvenuti nuovi trattamenti, hanno messo in discussione alcuni dei nostri concetti classici sull'ipercolesterolemia familiare omozigote. In primo luogo la malattia è più frequente di quanto pensassimo, probabilmente fra 1/160.000 e 1/300.000, in secondo luogo è molto più eterogenea di quanto descritto in precedenza, con la gravità dei livelli di colesterolo LDL che dipendono dal tipo di mutazione causale. Infine, molti pazienti con HoFH dimostrata molecolarmente hanno un fenotipo compatibile con il fenotipo eterozigote, o peggio viceversa. In questo numero di Atherosclerosis, Frederick Raal e colleghi sfidano ancora di più i nostri concetti classici sull'ipercolesterolemia familiare omozigote.
Hanno analizzato una serie di dati di 167 pazienti omozigoti provenienti da diversi paesi, per lo più dal Sud Africa e dai Paesi Bassi. Nel loro studio l'età dei pazienti variava da 1 anno a incredibilmente 75 anni in un paziente. Si può immaginare un omozigote che sopravvive fino a 75 anni? In effetti è impressionante e visto di rado. Naturalmente, l'ipercolesterolemia familiare omozigote è ancora una condizione grave e questo studio non può ignorare del tutto il bias sopravvivenza delle forme meno gravi di HoFH, dal momento che molti pazienti potrebbero essere morti senza una diagnosi.
Nello studio di Raal (in foto) et al. i livelli di colesterolo LDL variavano da 4,4 mmol/L a 27,2 mmol/L (170 e 1052 mg/dL) per i pazienti non trattati, e da 2,6 mmol/L a 20,3 mmol/L (101 e 785 mg/dL) per i pazienti trattati. Se consideriamo i criteri per il colesterolo LDL adottati dalla European Atherosclerosis Society per la diagnosi di ipercolesterolemia familiare omozigote, ovvero >13 mmol/L (>500 mg/dL) e >8 mmol/L (>300 mg/dL), rispettivamente per i pazienti non trattati e trattati, il 27% e il 31% dei pazienti studiati ha presentato valori più bassi. Certamente molti avevano anche un colesterolo LDL non trattato inferiore a 10 mmol/L (400 mg/dL), un valore recentemente suggerito dalla American Heart Association come soglia per la diagnosi di ipercolesterolemia familiare omozigote. In questo studio le mutazioni dell'apolipoproteina B, che di solito causano un fenotipo più lieve, sono stati esclusi come causa di HoFH e come previsto la gravità dei livelli di colesterolo LDL dipendeva dal fatto che il paziente presentasse o meno mutazioni del recettore difettose (attività LDLR 2-25%) o nulle (attività <2%).
Fra gli aspetti importanti c'era un'ampia variabilità sulla risposta alle terapie ipolipemizzanti: ciò significa che molti casi HoFH potrebbero essere controllati da statine, ezetimibe e sequestranti degli acidi biliari, prima di dover ricorrere ai nuovi e più costosi trattamenti. Questa variabilità sulla risposta non era del tutto spiegata dalle mutazioni LDLR come visto in precedenza, ma potrebbe anche essere l'effetto di altri geni ed eventualmente di fattori ambientali. Un paziente su tre fra quelli studiati aveva presentato un precedente evento di malattia cardiovascolare aterosclerotica, e l'età media alla quale si verificava era 26 anni. Ebbene, questo è compatibile con la nota storia naturale della HoFH, ma d'altra parte i 2/3 dei pazienti non presentavano un evento clinico e ciò dimostra che esiste un'eterogeneità sull'insorgenza di malattia cardiovascolare aterosclerotica anche in pazienti con HoFH. Come previsto, quelli con i più alti livelli di colesterolo LDL non trattato hanno avuto un maggiore tasso di insorgenza.
Certamente la presenza di altri fattori di rischio o altri parametri genetici e ambientali potrebbe aver influito su questo. Recentemente si è discusso se la diagnosi molecolare sia essenziale per identificare i pazienti FH. Non c'è dubbio che lo screening genetico a cascata, come viene effettuato nel Regno Unito, Paesi Bassi, Spagna e più recentemente in Brasile tra gli altri paesi, sia altamente efficace nel trovare individui affetti da FH. Tuttavia, purtroppo i test molecolari non sono universalmente disponibili, anche considerando i minori costi dei test di nuova generazione in confronto alle vecchie tecniche. Inoltre, bisogna considerare che ciò che principalmente provoca la malattia cardiovascolare aterosclerotica nell'FH sono i livelli gravemente elevati di colesterolo LDL, e non i difetti genetici. Pertanto, il fenotipo è più importante dal punto di vista del clinico, per identificare e trattare l'FH. Questo si vede chiaramente nello studio di Raal et al. dove c'era variabilità nel fenotipo omozigote.
Con la sovrapposizione del fenotipo descritto in precedenza tra alcuni pazienti omozigoti ed eterozigoti, ci si dovrebbe chiedere quanto è valido, nella pratica clinica, separarli quando sono presenti livelli gravemente elevati di colesterolo LDL. Certo, il test dei membri della famiglia è obbligatorio quando si sospetta di FH a causa della trasmissione autosomica dominante, indipendentemente dal fatto se si sospetta la forma omozigote o eterozigote. D'altra parte, un gruppo di pazienti FH gravi, che comprende entrambe le forme, sarebbe importante per identificare un rischio molto elevato di malattia cardiovascolare aterosclerotica per una popolazione che deve essere trattata in modo aggressivo con i nuovi farmaci ipolipemizzanti se persistono con livelli proibitivi di colesterolo LDL.
Oltre ai livelli molto elevati di colesterolo LDL, i pazienti FH a rischio grave o molto elevato dovrebbero essere identificati per la presenza di altri fattori di rischio come il fumo o l'ipertensione, bassi livelli di colesterolo HDL, alti livelli di Lp(a), una storia familiare di malattia cardiovascolare aterosclerotica precoce e la presenza di aterosclerosi subclinica avanzata. Certo, nessuno vuole togliere la designazione di malattia orfana che l'ipercolesterolemia familiare omozigote ha, un fatto che implica una più rapida approvazione per i nuovi farmaci di cui i pazienti HoFH hanno più necessità, ma coloro che hanno un fenotipo più grave, indipendentemente se omozigoti o meno, devono avere accesso ai nuovi e più costosi trattamenti.
Per concludere, l'ipercolesterolemia familiare omozigote è ancora una malattia devastante, con un enorme carico di malattia cardiovascolare aterosclerotica e rischio di mortalità precoce, tuttavia è più eterogenea di quanto si pensava una volta. Riconoscere questa eterogeneità e la sovrapposizione con la forma eterozigote è importante per la gestione clinica. Il fenotipo, e non il genotipo, dovrebbe essere la preoccupazione principale dei medici, e coloro che hanno un fenotipo più grave devono essere trattati in modo più aggressivo. Purtroppo l'ipercolesterolemia familiare nel suo complesso è ancora sottodiagnosticata e sottotrattata, e si stanno perdendo molte opportunità per salvare vite umane.
Fonte: Prof. Raul D. Santos, Direttore Lipid Clinic Heart Institute (InCor), Università di São Paulo – Professore Associato del Dipartimento di Cardiopneumologia, São Paulo Medical School, Brasile. “Homozygous familial hypercholesterolemia: Phenotype rules! Commentary on the study of Raal et al.” – Pubblicato su Atherosclerosis.
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