Secondo un recente studio, con questi farmaci è possibile raggiungere livelli di colesterolo perfino più bassi rispetto a quelli della popolazione sana
HELSINKI (FINLANDIA) – Secondo le stime attuali, fino a 4,5 milioni di persone in Europa soffrono di ipercolesterolemia familiare nella forma eterozigote. La loro concentrazione plasmatica di colesterolo LDL è da due a tre volte superiore al normale dalla nascita, e di conseguenza, se non trattata, il rischio di malattia coronarica e infarto miocardico acuto aumenta notevolmente.
I dati suggeriscono che le placche aterosclerotiche possano iniziare a svilupparsi nei maschi e nelle femmine eterozigoti rispettivamente a un'età media di 20 e 30 anni. Questi dati sottolineano con forza che l'inizio precoce di un'efficace terapia di riduzione del colesterolo LDL è di vitale importanza. Il fallimento della terapia convenzionale nel raggiungimento degli obiettivi di colesterolo LDL è esemplificato da un recente studio longitudinale su un registro norvegese di 4.688 pazienti eterozigoti trattati con statine da più di 20 anni, in cui il tasso di mortalità per malattie cardiovascolari è stato due volte superiore negli uomini e tre volte nelle donne, rispetto alla popolazione generale.
I pazienti eterozigoti mostrano già nella prima infanzia elevati livelli di una serie di indicatori di sviluppo dell'aterosclerosi, e vi è consenso fra gli esperti che il trattamento con statine debba essere iniziato all'età di 8-12 anni. La valutazione di varie statine studiate nei bambini e negli adolescenti ha costantemente dimostrato che questi farmaci sono sicuri ed efficaci nel breve termine. Su questa popolazione di pazienti si è concentrato un recente studio pubblicato sull'European Heart Journal da tre esperti di ipercolesterolemia familiare: i finlandesi Petri Kovanen e Alpo Vuorio e l'australiano Gerald Watts.
“I farmaci ipolipemizzanti di nuova introduzione, anticorpi monoclonali umanizzati che inibiscono il PCSK9, diminuiscono in modo efficace i livelli di colesterolo LDL nei pazienti eterozigoti, di solito del 60%, se utilizzati da soli o in combinazione con una statina”, scrivono gli autori. “Sulla base del nostro concetto di carico LDL-C cumulativo, l'inizio della terapia con un inibitore PCSK9 all'inizio dell'età adulta (a 18 anni) si tradurrebbe in una più efficace riduzione dei livelli di LDL-C rispetto al trattamento con una statina. Inoltre, dopo i 35 anni, l'onere complessivo di LDL-C sarebbe inferiore rispetto al regime basato sulle statine, e dopo i 50 anni sarebbe inferiore anche a quello della popolazione non affetta da ipercolesterolemia familiare”.
Tuttavia, come con le statine, per motivi etici non è possibile intraprendere uno studio clinico controllato per verificare pienamente questa proposta terapeutica per quanto riguarda l'introduzione precoce e tempestiva degli inibitori PCSK9 nei giovani pazienti eterozigoti. In ogni caso, la terapia con gli inibitori PCSK9 non deve essere vista solo come alternativa a quella con statine ed ezetimibe, ma come una terapia aggiuntiva per coloro che non possono raggiungere gli obiettivi accettabili di LDL-C.
“In età adulta, gli inibitori PCSK9, se dimostreranno di essere sicuri, efficaci e convenienti, potrebbero offrire a selezionati pazienti eterozigoti l'opportunità di vivere con una diminuzione del rischio cardiovascolare che col tempo potrebbe corrispondere, o addirittura superare, quella della popolazione generale”, spiegano i ricercatori. “Nei giovani adulti eterozigoti in trattamento con statine e con un elevato rischio residuo di malattie cardiovascolari, l'aggiunta di un inibitore PCSK9 potrebbe essere una valida opzione”.
Poiché i dati sulla sicurezza finora disponibili derivano da studi negli adulti (maggiori di 18 anni) e poiché i dati nei bambini eterozigoti sono carenti, la proposta del team è di posticipare l'inizio della terapia con i PCSK9 inibitori alla prima età adulta. Tuttavia, le linee guida terapeutiche per il rinvio del trattamento in selezionati bambini eterozigoti dovranno obbligatoriamente attendere i risultati dei grandi studi clinici in corso con questi farmaci.