Educazione alla gestione autonoma della patologia e della terapia, supporto psicologico e approccio multidisciplinare sono tra i punti chiave per agevolare il passaggio dei pazienti all’età adulta
“Inside Out 2” è un recente lungometraggio d’animazione che affronta, in chiave ironica e divertente, il delicato tema dell’adolescenza: con l’arrivo della pubertà, i piccoli attori colorati che personificano le emozioni - in preda allo scompenso - si contendono la coscienza della protagonista, tra caotici conflitti e improvvisi e repentini cambi di rotta. L’adolescenza, infatti, rappresenta un momento critico, quasi una ‘rinascita’ che coinvolge il corpo e la mente e che comporta il passaggio - non sempre indolore - dall’immaturità e dalla dipendenza che caratterizzano l’età infantile all’autonomia della vita adulta. Questa transizione, problematica un po’ per tutti, può essere resa ancora più complessa dalla convivenza con una patologia cronica come l’emofilia, raro disturbo della coagulazione del sangue.
UNA PATOLOGIA CHE OGGI È POSSIBILE TENERE SOTTO CONTROLLO
L’emofilia è una malattia di origine genetica che causa un maggior rischio di sanguinamenti, anche spontanei, dovuto alla carenza di proteine note come fattori della coagulazione (nell’emofilia A si verifica un deficit di fattore VIII e nell’emofilia B una mancanza di fattore IX). La patologia si manifesta principalmente nei maschi, mentre nelle donne, portatrici sane, la sintomatologia è assente o lieve: questo perché la malattia è legata al cromosoma X e si eredita in modalità recessiva.
Oltre alle conseguenze tipiche - e potenzialmente molto gravi - degli eventi emorragici, le persone affette da emofilia possono andare incontro a specifiche complicanze, soprattutto a livello articolare, dove sanguinamenti ripetuti, o non adeguatamente trattati, possono portare allo sviluppo di un’artropatia cronica. Oggi, tuttavia, la disponibilità di efficaci terapie di profilassi, in grado di fornire una valida protezione dai sanguinamenti, insieme al recente arrivo di nuove opzioni di trattamento, come ad esempio la terapia genica, consente a questi pazienti di condurre una vita quasi del tutto normale.
ADOLESCENTI CON EMOFILIA: BISOGNI SPECIFICI LEGATI ALL’ETÀ
Accompagnare il proprio figlio verso l’autonomia e l’indipendenza è il compito di ogni genitore: nel caso di un ragazzo con emofilia questo significa anche affiancarlo affinché, nella delicata fase dell’adolescenza, diventi autosufficiente nella gestione della sua patologia e, al contempo, non si precluda la possibilità di socializzare in modo sereno e responsabile.
Negli ultimi anni, grazie ai notevoli progressi nella diagnosi e nel trattamento, la qualità della vita delle persone affette da emofilia è cambiata radicalmente. Questa trasformazione positiva, tuttavia, pone genitori e professionisti sanitari di fronte a una nuova sfida: la formazione e l’educazione dei giovani pazienti a una gestione più autonoma della malattia e della relativa terapia. La questione è stata discussa approfonditamente in un recente articolo, pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Clinical Medicine.
Durante l’infanzia la responsabilità di prevenire e gestire le emorragie ricade, comprensibilmente, sui genitori o sui tutori dei bambini affetti da emofilia. Man mano che i piccoli pazienti crescono, però, deve avvenire un graduale passaggio verso l’autonomia, sia per quanto riguarda il trattamento di profilassi che per la gestione di eventuali episodi di sanguinamento. Nell’articolo, ad esempio, gli autori raccomandano che l’inizio dell’addestramento all’auto-iniezione dei farmaci cominci prima dell’esordio della pubertà, in modo da dare ai giovani pazienti il tempo di impratichirsi della procedura. Questo presuppone un delicato passaggio di testimone: i genitori, pur fornendo il necessario supporto, dovrebbero progressivamente farsi da parte per permettere ai propri figli di ‘sperimentare’ in autonomia.
Inoltre, è compito dei clinici e dei genitori fornire ai ragazzi con emofilia un’opportuna educazione al riconoscimento dei sintomi correlati alle emorragie. A differenza delle generazioni precedenti, infatti, oggi i giovani pazienti emofilici potrebbero non avere familiarità con le tipiche manifestazioni del sanguinamento, perché l’efficacia degli attuali trattamenti ha comportato una drastica riduzione della frequenza con cui si verificano gli eventi emorragici. Questo, se da un lato rappresenta un beneficio incalcolabile, dall’altro fa sì che i giovani con emofilia spesso non abbiano esperienza diretta dei benefici della terapia, e ciò potrebbe comportare una scarsa aderenza al trattamento, soprattutto durante l’adolescenza, quando l’esigenza di sentirsi alla pari dei propri coetanei e il bisogno di appartenenza al gruppo sono massimi. Tuttavia, proprio in questa fase della crescita, a causa dei cambiamenti biologici che avvengono nei muscoli e nelle articolazioni, la frequenza dei sanguinamenti potrebbe aumentare. Per questo motivo, gli autori dello studio sottolineano la necessità di fare tutto il possibile affinché gli adolescenti con emofilia mantengano uno standard di cura elevato. Un aiuto per raggiungere questo obiettivo può provenire dalla vasta gamma di opzioni terapeutiche attualmente disponibili e dalla possibilità di sperimentare intervalli di dosaggio dei farmaci più flessibili. Offrire una terapia quanto più personalizzata possibile, che tenga conto non solo dei parametri farmacocinetici e del fenotipo emorragico del paziente ma anche del suo stile di vita e dei suoi obiettivi futuri, può sicuramente contribuire ad assicurare un’ottimale aderenza al trattamento.
Rispetto al passato, i ragazzi emofilici possono oggi condurre una vita quasi del tutto simile a quella dei loro coetanei. Con un’adeguata educazione, volta a limitare gli infortuni, i giovani pazienti possono tranquillamente praticare un’attività sportiva a medio e a basso impatto (la partecipazione a sport ad alto impatto, come il calcio e il rugby, rimane ancora problematica). Visti i notevoli benefici, sia sul piano fisico che psicologico, l’attività fisica dovrebbe essere incoraggiata fin dai primi anni di vita del bambino, per favorire un ottimale sviluppo muscolo-scheletrico e prevenire l’obesità. Tuttavia, nonostante le nuove terapie per l’emofilia permettano ai giovani di impegnarsi di più nelle attività sportive rispetto al passato, tra i pazienti persiste tuttora una sorta di ‘cultura della sedentarietà’. Questo fa sì che, ancora oggi, la prevalenza di obesità nei pazienti emofilici adolescenti risulti superiore a quella della popolazione generale. Un’attività fisica moderata può contribuire al mantenimento di una buona forma fisica, con conseguenze positive sulla salute cardiovascolare e articolare.
Anche dal punto di vista dell’attività sessuale, i giovani con emofilia possono condurre una vita del tutto normale. Tuttavia, poiché la presenza di una patologia cronica potrebbe esacerbare le insicurezze comunemente associate all’adolescenza, un adeguato supporto psicologico è consigliato per aiutare questi ragazzi a risolvere le proprie incertezze e preoccupazioni, ad esempio quelle relative alle prestazioni sessuali o al futuro riproduttivo (dato che l’emofilia è una patologia ereditaria). Inoltre, la presenza costante di un sostegno psicologico è in grado di favorire nei giovani l’acquisizione graduale dell’autonomia - evitando una controproducente ‘fuga’ dall’iperprotezione genitoriale - e di sostenere tutta la famiglia nella transizione del paziente dalla medicina pediatrica a quella per adulti: la creazione di una ‘rete’ che coinvolga clinici, familiari, centri ospedalieri pediatrici e per adulti e che sia capace di sorreggere il ragazzo senza ‘soffocarlo’ è senza dubbio lo strumento più efficace per permettergli di affrontare serenamente questa delicata fase di passaggio.
Di fondamentale importanza, infine, l’adozione di un approccio multidisciplinare nella presa in carico dei giovani con emofilia: solo grazie alla sinergia e al lavoro di squadra tra ematologi, infermieri, assistenti sociali, fisiatri, fisioterapisti, dietologi e psicologi – raccomandano gli autori dello studio – sarà possibile traghettare con successo questi ragazzi attraverso il mare burrascoso dell’adolescenza.