La prof.ssa Guardamagna (Torino): “La consapevolezza fra i medici dovrebbe aumentare, perché oggi sono disponibili un rapido metodo di diagnosi e un'efficace terapia enzimatica sostitutiva”
Torino – Una malattia estremamente rara ma verosimilmente sottodiagnosticata: il deficit di lipasi acida lisosomiale (LAL-D), è una condizione genetica trasmessa in modalità autosomica recessiva, caratterizzata da manifestazioni cliniche e radiologiche eterogenee in relazione all'età di insorgenza, alla progressione e alla gravità della patologia. “In Italia si segnalano circa 25 casi, 300 in tutto il mondo”, spiega la prof.ssa Ornella Guardamagna, del Dipartimento di Sanità Pubblica e Scienze Pediatriche dell'Università di Torino, che nel corso della sua attività ha diagnosticato 6 pazienti.
La LAL-D è dovuta a mutazioni del gene LIPA, responsabile dell'accumulo lisosomiale di esteri del colesterolo e trigliceridi. Nonostante sia frequentemente diagnosticata in età adulta, in uno studio retrospettivo del 2013 su 135 soggetti, l'85% aveva mostrato dei segni, anche se attenuati, già in età pediatrica.
Il disturbo, secondo gli studi epidemiologici, sembra riguardare per la maggior parte la popolazione caucasica europea: come riportato dal prof. Sandro Muntoni, in Germania la prevalenza calcolata sulla base di una sola mutazione (la più comunemente riscontrata, per il 50-60% dei casi) è di 1 soggetto su 40.000 abitanti, mentre in altre aree geografiche è molto più bassa, come nei Paesi orientali dove è di circa 1 caso su 1.000.000.
“La lipasi acida lisosomiale (LAL) è un enzima chiave nel metabolismo dei lisosomi, che favorisce l'omeostasi lipoproteica, degradando trigliceridi ed esteri del colesterolo. In assenza o in carenza dell'enzima, queste sostanze si accumulano nelle cellule, provocando principalmente epatomegalia e steatosi epatica, associate ad aumento degli enzimi epatici, dei livelli di transaminasi e dei valori di colesterolemia. Ma i lisosomi non si trovano solo nel fegato: i danni si presentano anche a livello di altri tessuti e apparati, rendendo la LAL-D una malattia multisistemica”, prosegue la prof.ssa Guardamagna, che ha recentemente pubblicato sulla rivista Current Pediatric Reviews una revisione della letteratura disponibile sulla patologia. L'alterazione generalizzata del profilo lipidico (dislipidemia) e la disfunzione lipoproteica associata alla LAL-D aumentano il rischio di aterosclerosi prematura e di disturbi cardiovascolari.
Va osservato che il grado di riduzione dell'enzima LAL è variabile: se è totale si manifesta la malattia di Wolman, precoce e non compatibile con la vita: si presenta nelle prime settimane e i bambini affetti muoiono entro il primo anno. Se persiste invece un'attività enzimatica residua, il disturbo prende il nome di malattia da accumulo degli esteri del colesterolo (CESD), che può manifestarsi sia nei bambini che nell'adulto ed è caratterizzata da incremento della colesterolemia e spesso anche dei trigliceridi, con danno epatico associato di vario grado.
“Fino al 1993, anno in cui fu scoperto il gene responsabile, si credeva che Wolman e CESD fossero due malattie distinte”, sottolinea la prof.ssa Guardamagna, che già aveva messo in evidenza questi aspetti in una revisione pubblicata nel 2014 sul Giornale Italiano dell'Arteriosclerosi. “In quel periodo era disponibile solo un test diagnostico basato sulla valutazione dell'attività enzimatica sui leucociti o sui fibroblasti; il progresso è avvenuto nel 2012, quando è stato introdotto un metodo di diagnosi rapido ed efficace, utile anche come metodo di screening: il 'dried blood spot', una goccia di sangue essiccata su carta bibula, che può essere effettuato da qualunque medico di famiglia e inviato per posta al laboratorio d'analisi in modo da ottenere una risposta certa e in tempi brevi. Ciò nonostante, l'identificazione e la gestione precoce dei pazienti rimangono impegnative, anche perché i segni, comuni ad altre patologie, rendono difficile il sospetto diagnostico”.
Progressi decisivi nel campo della diagnosi, ma anche in quello del trattamento: oggi è infatti disponibile la terapia enzimatica sostitutiva a base di sebelipase alfa, approvata dalla Commissione Europea nell'agosto del 2015. “Un farmaco che consente di ottenere risultati soddisfacenti sia rispetto al profilo lipidico che a quello degli enzimi epatici e dell'epatomegalia”, conclude la prof.ssa Guardamagna.
Avendo a disposizione una terapia efficace, sarebbe ancor più necessario che la consapevolezza medica nei confronti del deficit di LAL aumentasse: questa condizione dovrebbe essere considerata nella diagnosi differenziale delle forme familiari di dislipidemia (come l'ipercolesterolemia familiare o l'ipercolesterolemia combinata), delle sindromi metaboliche con steatosi epatica e incremento delle transaminasi, nonché delle patologie pediatriche che si manifestano con dislipidemia e accumulo epatico di prodotti intracellulari.
La prof.ssa Guardamagna è a disposizione per rispondere alle domande relative alla LAL-D nei pazienti pediatrici, all'interno del servizio gratuito “L'esperto risponde”, offerto da O.Ma.R. – Osservatorio Malattie Rare. Per la patologia nei pazienti adulti, invece, ci si può rivolgere al prof. Sandro Muntoni.