In America esponenti di istituzioni, ricerca, industria e associazioni di pazienti si sono incontrati per analizzare gli aspetti di un'eventuale campagna di vaccinazione
STATI UNITI - Il virus del citomegalovirus umano (CMV), che ogni anno colpisce 30000 neonati solo negli Stati Uniti provocando circa 400 morti e 5000 disabilità permanenti, è considerato uno dei target ad alta priorità nella salute pubblica.
L'anno scorso alcuni esponenti delle università, dell'industria, della ricerca e delle associazioni di pazienti americane si sono riuniti nell'ambito di un incontro multidisciplinare organizzato dalle istituzioni governative, allo scopo di definire e analizzare le priorità e le criticità collegate allo sviluppo di un vaccino contro il CMV. I risultati sono stati riassunti dal Dr.Philip R. Krause del "Centro per la Valutazione Biologica e la Ricerca" della Food and Drug Administration (FDA) e pubblicati recentemente sulla rivista "Vaccine".
Cos'è e come si trasmette?
Prima di tutto è di grande importanza diffondere una corretta informazione riguardo al meccanismo di infezione del virus e alle modalità di trasmissione; meno del 15 per cento delle donne americane in età fertile dichiara infatti di esserne informato.
L'infezione congenita da CMV è particolarmente pericolosa per il bambino se contratta dalla madre durante la gravidanza e può essere il risultato della trasmissione transplacentare del virus, durante quelle che vengono chiamate infezione primaria, se la donna viene in contatto con il virus per la prima volta, oppure infezione non primaria, nel caso della riattivazione di un'infezione latente o della reinfezione da parte del virus.
Mentre le infezioni non primarie sono responsabili dei 75 per cento delle infezioni congenite da CMV negli USA, sono le infezioni primarie a causare sintomi più gravi, in particolare danni neurologici come la perdita dell'udito.
Probabilmente l'immunità acquisita durante la prima infezione non basta a prevenirne una seconda ma pare sia sufficiente a evitare le manifestazioni più gravi della sindrome congenita da CMV.
Gli individui adulti che contraggono il virus sono solitamente asintomatici o talvolta mostrano sintomi della mononucleosi, nonostante studi recenti ipotizzano che l'infezione possa essere associata a conseguenze a lungo termine, quali l'immunosenescenza.
Il CMV viene trasmesso attraverso la saliva e le urine, spesso dai bambini alle mamme, inoltre il virus può essere passato mediante il latte materno o sessualmente. In altri casi il contagio può avvenire a seguito di trapianto di organo o di cellule staminali ematopoietiche da individui sieropositivi.
Il vaccino – le prospettive future
Dato che l'immunità naturale è capace di ridurre la gravità dei sintomi da CMV, lo sviluppo di un vaccino contro il virus sembra fattibile e sono in studio diverse strategie.
In uno studio clinico la somministrazione di immunoglobuline iper-immuni contro il CMV a donne in gravidanza, in seguito all'identificazione di infezione primaria, ha ridotto la trasmissione congenita del virus.
Un altro vaccino studiato è invece basato sulla glicoproteina B del CMV ricombinante, che è in grado di attivare la risposta immunitaria dell'ospite ed è risultata in grado di ridurre del 50 per cento l'infezione primaria in giovani mamme, ma non di dare protezione a lungo termine.
Altri studi si sono focalizzati sullo sviluppo di un vaccino contenente una forma attenuata del virus, in particolare il ceppo Towne, che manca di più di 12 geni virali e non è in grado di riattivarsi. Il vaccino ha avuto successo nel prevenire la forma più grave della malattia in seguito a trapianto di rene ma non è riuscito a bloccare l'infezione del ceppo naturale.
Chi vaccinare?
Sarebbero due i possibili target di un'eventuale campagna di vaccinazione: le donne in età riproduttiva e i bambini.
Nel primo caso la vaccinazione dovrebbe essere pensata in modo che la riposta immunitaria protettiva venga indotta prima del primo trimestre di gravidanza, quando il rischio di trasmissione dell'infezione congenita da CMV massimo. L'ostacolo principale è la partecipazione alla campagna di vaccinazione, dato che i vaccini che hanno come target gli adulti registrano una aderenza nettamente inferiore a quelli indicati per i bambini, in particolare se è necessaria più di una dose; torna quindi ad essere fondamentale l'informazione da parte dei medici ai futuri genitori. Infine, è necessario che questo vaccino sia efficace sia in individui sieronegativi che sieropositivi, si stima infatti che circa il 50 per cento delle donne americane in età fertile sia sieropositivo.
I bambini spesso contraggono il virus e lo trasmettono alle mamme durante le gravidanze successive, quindi anche una vaccinazione generale nei primi anni di infanzia potrebbe ridurre i casi di CMV congenito. In questo caso inoltre non sarebbe necessario sviluppare un vaccino che dia protezione ai sieropositivi. Nonostante possa esserci resistenza al vaccinare un bambino sano che non rischia di sviluppare la forma grave della malattia, prevenire il contagio all'interno della famiglia porterebbe un beneficio anche al bambino stesso, sollevando la famiglia dal peso di prendersi cura di figli gravemente malati.
La prevenzione dell'infezione congenita da CMV nei neonati è risultata essere l'end-point più facilmente misurabile al fine di valutare l'efficacia del vaccino, attraverso isolamento del virus oppure saggi di PCR quantitativa, svolti su campioni di urina o di saliva di neonati, prelevati entro 3 settimane dalla nascita.
I pazienti trapiantati
L'ultimo aspetto analizzato riguarda infine i contagi che avvengono in seguito a trapianti allogenici di cellule staminali ematopoietiche o di organi.
Nel primo caso gli stati sierologici del donatore e del ricevente sono correlabili con il decorso clinico e in particolare con la mortalità associata al trapianto e le infezioni secondarie. Inoltre le terapie antivirali disponibili contro il CMV possono causare tossicità a livello del midollo osseo.
Nel caso invece dei trapianti di organo, in particolare in riceventi sieronegativi, l'infezione del virus può causare la cosiddetta sindrome CMV, che causa febbre, neutropenia o trombocitopenia e la presenza di particelle virali nel sangue. Altre complicazioni sono il rigetto dell'organo trapiantato e le infezioni secondarie.
Pertanto una campagna di vaccinazione che abbassi il tasso di infezione da CMV nella popolazione generale potrebbe anche ridurre le complicazioni associate al virus nell'ambito dei trapianti.
Gravidanza e terapia
Ricordiamo infine che, nell’attesa del vaccino, una cura per l’infezione congenita da citomegalovirus in gravidanza esiste. Consiste nella somministrazione di immunoglobuline specifiche, che abbattono notevolmente il pericolo di trasmissione del virus al feto nel caso in cui non abbia ancora contratto il virus, o lo aiutano a combattere la malattia.
Per ulteriori informazioni consultate la sezione dedicata al citomegalovirus.
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