Gli studi intrapresi a partire dalla scoperta del Premio Nobel Rita Levi Montalcini hanno portato allo sviluppo di un collirio utilizzato per il trattamento della cheratite neurotrofica
Avete mai sentito l’espressione “chimica dell’amore”? Si usa per descrivere un intenso stato emotivo legato a sensazioni positive e di benessere. Ma per quale ragione si utilizza proprio la parola “chimica”? La risposta risiede nel fatto che in ogni istante della nostra vita l’organismo avvia e spegne milioni di reazioni chimiche tramite cui pensiamo, soffriamo, siamo felici o ci innamoriamo. Tutto ciò è reso possibile da elaborati meccanismi di comunicazione tra le cellule che, anche attraverso molecole extracellulari di segnale, dialogano tra distretti diversi del corpo. Descrivere la comunicazione cellulare in poche righe sarebbe un’impresa titanica ma una delle vie attraverso cui essa si realizza è affidata a recettori di superficie collegati a enzimi il cui ruolo, tra tanti, è legato a processi di crescita e proliferazione. Tali enzimi sono noti come “fattori di crescita” e tra essi figura anche il fattore di crescita nervoso (NGF).
LA SCOPERTA DI RITA LEVI MONTALCINI
Il fattore di crescita dei nervi (NGF) è il più noto membro della famiglia delle neurotrofine, proteine che condividono un’origine comune e assolvono un ruolo indispensabile nello sviluppo di specifiche cellule. La presenza dell’NGF, ad esempio, è essenziale per la crescita e la sopravvivenza dei neuroni sensoriali periferici e simpatici, nonché di altri gruppi di neuroni specifici del sistema nervoso centrale.
La popolarità del fattore di crescita nervoso è legata alle ricerche della celebre neurologa italiana e Premio Nobel per la Medicina Rita Levi-Montalcini, la quale, a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, giunse all’identificazione di una molecola al tempo sconosciuta, particolarmente concentrata nelle ghiandole salivari del maschio di topo. Ben presto si scoprì che quella molecola ricopriva vari ruoli, interagendo con bersagli interni ed esterni al sistema nervoso (fra cui le cellule dell’ipofisi, quelle che producono gli ormoni del sistema riproduttivo, i mastociti, i linfociti o i granulociti). Quella proteina era proprio il fattore di crescita dei nervi, che risultò poi capace di modulare una serie di meccanismi fondamentali dei sistemi neuroendocrino e immunitario.
Grazie agli studi di Rita Levi-Montalcini oggi si sa che l’NGF è presente anche nel cervello, esercita una funzione protettiva tale da garantire la sopravvivenza delle cellule nervose periferiche e concorre alla regolazione della sintesi di neurotrasmettitori e neuropeptidi nelle cellule nervose simpatiche e sensoriali. Addirittura, la quantità di NGF secreto dalle cellule bersaglio innervate da un dato neurone è fondamentale per la corretta crescita di quel neurone; per tale ragione, la ricerca scientifica si è orientata verso lo studio dell’NGF in relazione a patologie come l’Alzheimer e il Parkinson. Infatti, la scoperta di come la sintesi e il rilascio di NGF da parte dei neuroni della corteccia e delle cellule gliali possano risultare compromessi in certe patologie neurodegenerative ha condotto i medici e i ricercatori a valutare la somministrazione di NGF a queste specifiche cellule per tentare di interrompere la neurodegenerazione. Sfortunatamente, il fattore di crescita nervoso attraversa con difficoltà la barriera emato-encefalica e i risultati non sono stati quelli attesi.
Ma se da una parte le cose non hanno preso la piega desiderata, da un’altra gli esiti della ricerca sull’NGF sono andati ben oltre l’atteso: infatti, l’utilizzo di questo fattore nel trattamento di alcune lesioni cutanee e, soprattutto, delle patologie oculari ha dato ottimi risultati.
GLI STUDI SULL’NGF: SOPRATTUTTO PATOLOGIE OCULARI
In una review pubblicata sulla rivista Current Neuropharmacology sono riassunti i risultati di alcuni studi sull’NGF riguardanti patologie come il glaucoma, la retinite pigmentosa, la maculopatia degenerativa e le ulcere della cornea. Il glaucoma è una delle più diffuse cause di cecità nel mondo ed è dovuto alla distruzione delle cellule gangliari retiniche e alla perdita degli assoni nel nervo ottico. La principale causa della malattia è un aumento della pressione intraoculare che può comportare un calo della visione periferica e centrale. Gli scienziati hanno dimostrato che l’aggiunta di NGF in un modello animale di glaucoma comportava un arresto del processo di distruzione a cui vanno incontro le cellule gangliari della retina. In aggiunta, da altri studi era emerso che dopo l’applicazione di NGF la qualità della visione migliorava, come pure la funzionalità del nervo ottico.
Era noto fin dagli anni Settanta che la somministrazione intraoculare di fattore di crescita nervoso può ridurre i danni di natura ischemica e meccanica nel nervo ottico e nei neuroni gangliari della retina. Questo ha indotto gli scienziati a valutare l’approccio con NGF per il trattamento delle retinopatie. A metà degli anni Novanta sono stati pubblicati i risultati di una ricerca, condotta su modello murino di retinite pigmentosa, che dimostrava come l’iniezione intravitreale di NGF riuscisse ad arrestare la degenerazione dei fotorecettori. La retinite pigmentosa è una patologia genetica caratterizzata dalla compromissione delle delicate strutture retiniche tramite cui l’occhio percepisce lo stimolo luminoso, perciò è causa di cecità e alterazione del campo visivo. Dallo studio in questione è emerso che il fattore di crescita nervoso sembra stimolare la proliferazione delle cellule dell’epitelio pigmentato della retina.
L’uso dell’NGF è stato anche segnalato nel caso di un’anziana signora affetta da una forma di maculopatia degenerativa refrattaria alle terapie: il trattamento continuato con NGF ha condotto a un incremento dell’acuità visiva già dopo alcune settimane dalla prima somministrazione.
LA SVOLTA: UN COLLIRIO PER LA CHERATITE NEUROTROFICA
La scoperta effettuata settant’anni fa da Rita Levi Montalcini, con gli studi che ne sono conseguiti, ha comunque già portato allo sviluppo della prima vera e propria terapia basata sul fattore di crescita nervoso, ad oggi utilizzata per il ripristino dell’integrità della cornea in pazienti affetti da cheratite neurotrofica, e ancora una volta l’importante traguardo è stato raggiunto grazie agli sforzi della ricerca italiana. Sempre a metà degli anni Novanta del secolo scorso, infatti, i professori Alessandro Lambiase e Paolo Rama hanno avuto l’intuizione di proporre ai genitori di una bambina affetta da una grave forma di ulcera corneale un innovativo trattamento a base di NGF: fu un successo che, successivamente, i due ricercatori confermarono in un’ampia casistica di pazienti e che condusse all’approvazione di un farmaco, un collirio a base di NGF, oggi destinato alle persone affette da cheratite neurotrofica.
Una storia avvincente, che lo stesso professor Rama ha recentemente raccontato ai microfoni di OMaR e che ribadisce con forza la necessità di creare un ponte tra ricerca di base e applicata, oltre a ricordare a tutti coloro che fanno ricerca quanto sia importante allargare la propria prospettiva, studiando e immaginando soluzioni innovative e vincenti.
Immagine dell'articolo: Rita Levi Montalcini (Quirinale.it, Attribution, via Wikimedia Commons)