Il documento identifica le fasi fondamentali di diagnosi, terapia e presa in carico dei pazienti e i responsabili del percorso di cura
Roma – La maggior parte dei pazienti affetti da fibromialgia ha un'età compresa fra i 45 e i 64 anni: sono, cioè, nel pieno della loro vita lavorativa, che viene però fortemente compromessa dal dolore e dalla stanchezza causati dalla malattia. Circa un terzo di queste persone va incontro a una vera e propria disabilità, e la stessa percentuale è stata costretta a cambiare occupazione per mantenere il proprio reddito. La sindrome fibromialgica è quindi una delle principali cause di disabilità e di assenze dal lavoro, e il suo onere socioeconomico è di gran lunga superiore ai costi che dovrebbero essere sostenuti per curarla. Con una diagnosi precoce e un trattamento appropriato, invece, è possibile influenzare positivamente la storia della malattia.
Il trattamento, infatti, mira a ridurre al minimo il dolore, migliorare il sonno, trattare i disturbi dell'umore e mitigare la fatica. Per la fibromialgia è d’obbligo un approccio multimodale, in cui – secondo le ultime raccomandazioni EULAR (European League Against Rheumatism) – vengono combinati diversi interventi farmacologici e non farmacologici, a seconda dei vari sintomi. Per sapere quali sono i diversi approcci terapeutici alla patologia, leggi questo articolo.
PERCHÉ È NECESSARIO ADOTTARE UN PDTA?
Nonostante le ricadute favorevoli a livello clinico, psicologico, sociale ed economico, sussistono ancora problemi significativi in merito alla tempestività della diagnosi, all'accesso alle terapie – in particolare a quelle innovative – e al coordinamento di un'assistenza adeguata a questi pazienti. Ecco perché i medici che si occupano della patologia, per la maggior parte specialisti reumatologi, evidenziano la necessità di adottare un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA): un documento che definisca percorsi di cura condivisi, in grado di garantire una diagnosi precoce, di migliorare la qualità dell'assistenza e allo stesso tempo di ridurre i costi socioeconomici del Sistema Sanitario Nazionale.
Un PDTA per la fibromialgia, in realtà, esiste da ben quattro anni, anche se non viene applicato uniformemente a livello nazionale. Il documento (link al documento) è stato redatto nel 2017 dal comitato scientifico dell'Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica (AISF Odv) e pone le sue fondamenta su una precedente consensus conference (link al documento) tra i maggiori esperti italiani. Il PDTA è stato poi sottoscritto anche dal comitato scientifico del network europeo delle associazioni dedicate alla patologia (ENFA) e inviato alla responsabile della Commissione Sanità Europea: la richiesta è di far approvare una risoluzione che prenda atto dei documenti presentati, riconoscendo dunque la fibromialgia. Questa condizione, infatti, sebbene sia stata inclusa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità tra le malattie reumatiche, ancora non è riconosciuta dall’assistenza pubblica in Europa. Ma vediamo nel dettaglio cosa prevede il PDTA.
CHI SONO GLI ATTORI DEL PDTA?
Uno dei compiti più importanti di un PDTA è quello di individuare gli attori responsabili del percorso di cura e i relativi ruoli. IL MEDICO DI MEDICINA GENERALE è il pilastro delle cure primarie: solitamente è il primo contatto tra il paziente e il Sistema Sanitario, e instaura un rapporto continuativo con i malati. Spetta dunque a lui identificare eventuali fattori di rischio, segni e sintomi legati alla fibromialgia, valutare la necessità di indagini approfondite o rinviare il paziente a uno specialista; può quindi dare un contributo determinante per evitare ritardi diagnostici, complicanze, uso improprio delle risorse e prescrizione di terapie inadeguate. Inoltre, ha un ruolo essenziale nel responsabilizzare pazienti e familiari, fornendo informazioni sulla malattia, sulla sua evoluzione e sull'efficacia e tollerabilità dei trattamenti disponibili. Il medico curante, infine, può progettare e attivare l'assistenza domiciliare per i pazienti che ne hanno bisogno.
Ci sono poi GLI SPECIALISTI, che per la fibromialgia sono IL REUMATOLOGO E L'ALGOLOGO; la scelta di uno dei due dipende dalle preferenze del paziente e dal contesto locale. Il loro ruolo è quello di fare una diagnosi in caso di dubbi o alterazioni degli esami di laboratorio, stabilire un programma terapeutico insieme al medico di base e valutarne l'efficacia nel tempo, effettuare visite di follow-up e prescrivere indagini di secondo livello quando necessario.
Non meno importanti sono GLI ALTRI PROFESSIONISTI SANITARI: L'INFERMIERE, LO PSICOLOGO, IL FISIATRA E IL FISIOTERAPISTA (e altre figure professionali o specialisti che possano rendersi necessari in specifiche situazioni, come ad esempio il neurologo o lo psichiatra), che sostengono il paziente in qualsiasi altro aspetto della sua malattia, in particolare le questioni psicologiche, riabilitative e occupazionali. La necessità di un consulto con uno di questi operatori sanitari viene valutata dal medico di base o dallo specialista, che redigono il programma terapeutico individuale.
QUALI SONO LE FASI DEL PDTA?
LA DIAGNOSI. Sebbene i criteri diagnostici per la fibromialgia siano stati perfezionati negli ultimi dieci anni, la diagnosi continua ad essere complessa. Il medico di medicina generale può diagnosticare la sindrome o, in caso di dubbio, indirizzare tempestivamente il paziente allo specialista per una conferma, in modo da poter cominciare il prima possibile un trattamento e cercare di cambiare l'evoluzione della malattia. Qui è disponibile il nostro approfondimento sui criteri diagnostici della fibromialgia.
LA RELAZIONE INTEGRATA FRA MMG, SPECIALISTA E INFERMIERE. Se la diagnosi è in dubbio o se si verifica una risposta inadeguata al trattamento, il MMG può indirizzare il paziente a uno specialista. Una volta confermata la diagnosi, il MMG e lo specialista collaborano nella stesura del programma terapeutico e considerano, se necessario, di inviare il paziente ad altri professionisti sanitari. Lo specialista continuerà poi a gestire, con frequenti visite di follow-up, i casi più complessi e gravi e i pazienti con comorbilità rilevanti. Infine, ha un ruolo rilevante il personale infermieristico, e in particolare l'infermiere “case manager”: è la figura migliore per garantire l'organizzazione di percorsi assistenziali personalizzati, ovvero la gestione degli appuntamenti, il supporto per raggiungere la compliance nella somministrazione dei farmaci, l'aggiornamento della documentazione clinica e la pianificazione del ricovero e dei relativi carichi di lavoro.
FEEDBACK E FOLLOW-UP. Esiste un'ampia varietà di strumenti per la valutazione delle persone con fibromialgia, ma le opzioni migliori per il singolo paziente non sono sempre chiare. Uno dei problemi principali è la natura multifattoriale della sindrome, che rende necessario valutare gli effetti della terapia in una cornice integrata: si dovrebbe considerare non solo il dolore come obiettivo primario di miglioramento, ma anche altri sintomi come sonno, affaticamento, astenia e, non ultima, la qualità socio-relazionale. Questa valutazione può essere effettuata utilizzando diversi test e scale clinimetriche per la malattia, (link a “Fibromialgia – Diagnosi”) ma si possono prendere in considerazione anche strumenti più specifici per affrontare una sintomatologia rilevante per il singolo paziente.
LA VALUTAZIONE DEL PDTA. Dovrebbe infine essere definita a priori una serie di indicatori per il monitoraggio dei PDTA, sulla base di criteri di validità, riproducibilità e fattibilità. Successivamente, questi indicatori dovranno essere registrati in un database con l'ausilio di appositi codici, identificando la prevalenza dei vecchi casi, l’incidenza dei nuovi casi, le prescrizioni di farmaci, i check-up e i test diagnostici eseguiti. Attualmente non tutti questi processi sono misurabili, e ciò renderà necessario, in futuro, un aggiornamento del sistema di information technology.
Il PDTA italiano è disponibile a questo link.
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