Intervista al Prof. Maurizio Scarpa, responsabile del Coordinamento
Un modello unico che ha come parola chiave “fare rete”, in ogni direzione: con il territorio, con le altre regioni, con le reti europee e con le associazioni. E’ il modello adottato dal Centro di Coordinamento Regionale per le Malattie Rare FVG, nato nel 2006 a seguito dell’Istituzione della prima Rete Regionale di Malattie Rare nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (DGR 2228 del 22/09/2006), guidato dal 2019 dal prof. Maurizio Scarpa, che, ci racconta, non avrebbe saputo fare altrimenti.
“Io non so fare altro che network e non posso fare altro che fare rete, per me è fondamentale lavorare assieme – dice Scarpa intervistato da Osservatorio Malattie Rare – Oggi nessuno può lavorare da solo, essere il migliore nel proprio istituto e non confrontarsi non porta a niente. La prima cosa che ho fatto quando sono arrivato in regione è stato cercare contatti all’interno del tavolo interregionale e avviare la collaborazione con il Veneto e l’Emilia Romagna, cominciando da queste regioni perché sono le più vicine e quelle con le quali c’è un maggiore scambio di pazienti. Queste persone si muovevano da una regione all’alta con piani terapeutici diversi e a volte c’era un problema di reciproco riconoscimento. Abbiamo cercato insieme di avviare un lavoro per uniformali fin dove possibile, non solo nei farmaci ma anche negli integratori: non sempre si riesce al 100% ma la situazione è decisamente migliorata, c´è ancora molto da fare ma, in alcuni casi, i disagi dei pazienti sono stati limitati”.
Questa impostazione, fatta di strette connessioni, si ritrova anche nel modello organizzativo stesso del Coordinamento malattie rare, per molti versi un unicum.
“La nostra è una regione molto piccola, di circa un milione e 100mila abitanti – racconta Scarpa – e anche in virtù di questo si è dotata di un Centro di Coordinamento che, a differenza di quanto avviene in molte altre regioni, ha sede in una Struttura di Operativa Complessa che raccoglie tutte le responsabilità: cliniche, assistenziali per i pazienti pediatrici ed adulti, terapeutiche, di ricerca, diagnostiche, ma anche quelle di amministrazione, creazione della rete regionale, inclusa la possibilità di fare le esenzioni e la tenuta del registro. E’ un modello atipico, di solito i Coordinamenti hanno sede negli uffici regionali, il nostro invece è nell’Azienda Sanitaria del Friuli Centrale che ha sede ad Udine. Qui mettiamo insieme clinici, esperti di laboratorio, data manager che si occupano dei trial clinici, e siamo supportati da una segreteria regionale per la parte più amministrativa e di organizzazione della rete. Questo essere tutti nello stesso luogo ci consente di integrare costantemente la parte clinica assistenziale con quella amministrativa e di raccolta dati. Siamo un team di circa 20 persone con diverse professionalità e ci occupiamo di tutto, anche per questo da noi, per esempio, non viene sentito come problematico il tema della transizione dall’età pediatrica e l’età adulta. Oggi un Centro di Coordinamento regionale deve saper affrontare le problematiche del paziente pediatrico e adulto. Questo è un problema ancora non risolto in Italia, c’è chi ancora pensa che le malattie rare siano di pertinenza esclusivamente pediatrica. Un concetto di altri tempi, bisogna avviare in Italia un serio studio per la transizione”
Accesso ai farmaci ed esenzioni: risultati concreti
Si tratta dunque di un modello che ha portato a risultati importanti e tangibili per i pazienti, come ci racconta il prof. Scarpa: “La nostra è una delle regioni con i più veloci tempi di accesso alle terapie. Una volta che un farmaco è approvato facciamo in modo che sia effettivamente disponibile in tempi molto brevi, anche molto meno dei 2 mesi di tempo per l’inserimento in prontuario previsti dalla legge. E’ un risultato che abbiamo raggiunto perché abbiamo un’ottima organizzazione amministrativa: l’assessorato e il servizio farmaceutico regionale sono molto attenti e intervengono immediatamente quando c’è un farmaco per malattie rare o comunque un farmaco di cui c’è forte bisogno, anche per altri gruppi di patologie”.
La volontà di conoscere i reali bisogni dei pazienti e di fare il possibile per soddisfarli si può constate anche dalle decisioni che sono state adottate in materia di erogazione delle prestazioni e di esenzioni per malattia rara, un ambito nel quale ci sono molte differenze regionali a causa della mancata approvazione del ‘Decreto Tariffe’ che applicherebbe in maniera uniforme i cosiddetti ‘Nuovi Lea’.
“Fare rete significa anche essere inclusivi – dice Scarpa – e abbiamo cercato di essere tali anche quando si è trattato di risolvere la questione delle esenzioni. Noi abbiamo voluto garantire le prestazioni che servono ai pazienti e abbiamo attivato gli extra Lea, ma non solo, laddove una patologia, magari molto rara, non sia espressamente nominata nell’elenco ministeriale, cerchiamo di ricondurla al gruppo nosologico più idoneo che possa comprenderla al fine dell’esenzione, in attesa che l’elenco stesso venga implementato”.
Il Registro Malattie Rare del Friuli Venezia Giulia
La peculiarità del modello del Friuli Venezia Giulia si vede anche nella realizzazione del Registro Regionale Malattie Rare, che non è solo epidemiologico ma registra molti altri dati. “Essendo un registro collegato al Fascicolo Sanitario Elettronico e ai database ospedalieri – spiega Scarpa – è automaticamente implementato con le attività che vengono qui svolte, le visite, i risultati, le terapie, le visite effettuate sul territorio e anche quelle fatte in telemedicina, un ambito che ha avuto una grossa accelerazione nel periodo Covid: insomma è un registro che ha anche la parte clinica. E’ una cosa a cui tengo molto: è vero che per ora non è completo, molti pazienti che hanno avuto le esenzioni cartacee in passato ancora sfuggono, ma lavoriamo per un costante miglioramento. Credo che bisognerebbe lavorare anche a livello centrale, con il Ministero e l’ISS, per potenziare davvero i registri: non c’è carta migliore da giocare nelle malattie rare e se dovessi indicare una priorità nazionale sarebbe proprio questa. Anche se, una seconda necessità, sarebbe anche quella di creare forse una rete di informazioni più costante, aggiornata, accessibile e di dare visibilità a quello che viene fatto: per altro è una cosa prevista dal Testo Unico Malattie Rare e anche dal Piano nazionale, se pur questo non è ancora approvato.
La Rete Regionale Malattie Rare e le prospettive di riordino
Altra caratteristica atipica del modello friulano si riscontra nell’organizzazione della rete, che non è per malattia, come generalmente avviene, ma, seguendo il modello degli ERN, si focalizza su organi e sistemi. “Per capirci, ed è solo un esempio – spiega Scarpa – non c’è la rete per la malattia di Brugada ma c’è la rete cardiocircolatoria, che si occupa di questa malattia e di tutti i pazienti che hanno bisogno di quel tipo di attenzioni. Riteniamo che sia anche un modo di essere più inclusivi”. Per effetto del Testo Unico Malattie Rare bisognerà procedere con un riordino delle reti e il FVG ci sta già lavorando, nonostante ancora manchino i decreti attuativi della legge. “A inizio luglio abbiamo fatto una prima riunione per parlarne a abbiamo definito alcuni criteri importanti – racconta Scarpa - Daremo ai centri che sono riconosciuti delle ERN una responsabilità maggiore rispetto agli altri membri della rete. Questi centri ‘nodali’ dovranno essere il tramite con la rete europea, dovranno introdurre attraverso i PDTA le nuove linee guida sulle malattie rare man mano che arriveranno. Siamo anche entrati nello specifico e ad esempio abbiamo dato mandato al centro ERN della Clinica Cardiologica di Trieste che partecipa alla rete cardiologica europea di costruire quella regionale, che al momento manca. Insomma stiamo cambiando per cercare di essere sempre più integrati con le attività ERN, per avere sempre più Europa in regione e sempre più presenza della regione in Europa”
Il dialogo con le associazioni e con il territorio
Va da sé che per venire incontro ai bisogni dei pazienti è necessario ascoltarli e dialogare in cerca delle migliori soluzioni. “E’ per questo che tre anni fa è stato creato un ‘coordinamento delle associazioni’ affinché queste siano sempre aggiornate e abbiamo voce in capitolo nelle decisioni. Al momento ci sono una trentina di associazioni, sia regionali che nazionali, e auspichiamo una sempre maggiore partecipazione (per ulteriori informazioni sulla rete delle associazioni clicca qui). Il coordinamento dele Associazioni partecipa con una rappresentanza ai lavori della Rete Regionale delle Malattie Rare.
Verso il territorio, e in modo particolare la medicina e pediatria di base, come si è comportato il Centro di Coordinamento del Friuli?
Anche qui è stata trovato un proprio modello, che sta dando a tutti delle belle soddisfazioni. “Per tanto tempo la medicina generale è rimasta lontana dalle malattie rare, e credo che in buona parte questo sia proprio legato all’uso del termine ‘raro’ che fa pensare a pochi casi, difficili, di competenza degli specialisti. E se questi ultimi hanno certamente un ruolo fondamentale non si può nemmeno fare a meno del pediatra o del medico di base, perché è quello il primo riferimento di chi ha un disturbo, anche prima della diagnosi, ed è sul territorio che poi si torna anche quando si è in carico ad un centro esperto. Per questo abbiamo voluto lavorare per cambiare il rapporto con la medicina di base. In collaborazione con l’Ordine dei medici di Udine abbiamo iniziato a organizzare una serie di giornate con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, all’inizio abbiamo affrontato le singole malattie, poi siamo andati ‘per organi’ e ora siamo passati a dei corsi che partono dai sintomi, in maniera da favorire il sospetto diagnostico e l’invio ai centri di riferimento. E’ una formazione diversa dalla classica lezione accademica, abbiamo deciso di parlare ai medici di ciò che loro concretamente incontrano ogni giorno e così facendo abbiamo visto che l’affluenza è molto alta. Sono quasi raddoppiati i pazienti che vengono inviati ai centri dal medico di base e non sulla base di una ricerca autonoma. Possiamo dire che questo piano formativo ha funzionato e quindi ora chiederemo ad ogni rete regionale di fare una cosa simile per la propria area di competenza. Non è una cosa che si realizza dall’oggi al domani ma si può fare”.
La sfida della diagnosi, dallo Screening all’Intelligenza artificiale
Se il sospetto diagnostico e la velocità di invio ad un centro di riferimento è importante, anche la diagnosi precoce, in ambito neonatale, è un ambito di grande impegno per la regione. “In FVG lo screening neonatale funziona bene. Oltre alle patologie obbligatorie, grazie ad una collaborazione con l’università di Padova, i nostri neonati possono beneficiare anche dello screening per 4 malattie lisosomiali. Non solo – racconta Scarpa - da gennaio prossimo (spero) partiremo anche con lo screening neonatale per la SMA – Atrofia Muscolare Spinale, gestito in Regione. Dal punto di vista della strumentazione siamo attrezzati molto bene, all’avanguardia per la biomedica e la biochimica, abbiamo potenziato tutta la capacità analitica diagnostica e stiamo facendo anche degli studi su alcuni biomarcatori per dimostrare e monitorare i risultati delle terapie.
Lo screening – ma in generale la diagnosi e la raccolta di dati – sono delle ottime opportunità che possono essere potenziate anche ricorrendo alle tecnologie informatiche più moderne, ad esempio gli strumenti di analisi legati all’intelligenza artificiale, spiega Scarpa. “In questo ambito abbiamo diversi progetti. Uno, già attivo, serve proprio ad identificare i pazienti ‘a rischio’ e aiutarli ad arrivare alle diagnosi attraverso modelli di intelligenza artificiale, o meglio, un modello di interrogazione di sistemi complessi per identificare i pazienti che non sanno ancora di avere una malattia rara. Attualmente stiamo anche ampliando questo progetto, attraverso una collaborazione con l’Irlanda, con l’obiettivo di ricavare delle informazioni anche sui diversi fenotipi -cioè le concrete manifestazioni – delle singole patologie”.
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